«Il carciofo romanesco è solo quello riconosciuto Igp»

Dal consorzio fanno chiarezza sulla dicitura, più spazio in Gdo con l'adesione all'Op Agrinsieme

«Il carciofo romanesco è solo quello riconosciuto Igp»
“La dicitura ‘carciofo romanesco’ può essere attribuita solo ai prodotti riconosciuti dall’Igp. E’ un diritto che spetta a tutti i produttori di carciofi certificati, mentre gli altri prodotti non possono assumere la stessa denominazione”.  A dirlo a Italiafruit News è Giovanni Ricci, presidente della Cooperativa Agricola Agorà di Sezze (Latina), che riunisce tra i soci alcuni tra i principali produttori di carciofi certificati (clicca qui per approfondire).

“Non sono pochi i produttori - precisa - che assegnano ai loro carciofi terminologie che possono creare confusione nel consumatore, che rischia così di non distinguere con facilità i carciofi a marchio Igp dagli altri. Il Consorzio è fondamentale per creare nuova consapevolezza tra i consumatori. Per questo siamo costantemente impegnati nel contrastare i cartelli della Gdo quando si parla di falsi carciofi romaneschi, parte da qui la valorizzazione dei nostri prodotti”. 



Una maggiore consapevolezza passa inevitabilmente da una solida comunicazione. Per questo il consorzio è  impegnato nell’ informare il più possibile il consumatore sui tratti peculiari di questo carciofo, che lo rendono unico e diverso da tutti gli altri. 
Primo tra tutti, la provenienza geografica. Il Carciofo Romanesco del Lazio Igp viene coltivato nei territori di una serie di comuni ben identificati: Montalto di Castro, Canino, Tarquinia (provincia di Viterbo); Allumiere, Tolfa, Civitavecchia, Santa Marinella, Campagnano, Cerveteri, Ladispoli, Fiumicino, Roma, Lariano (provincia di Roma); Sezze, Priverno, Sermoneta, Pontinia (provincia di Latina). È il microclima di questi territori, unito alla composizione ferrosa dei suoi terreni, a conferire ai carciofi il loro distintivo sapore e la loro tenerezza. Poi, l’aspetto: questo carciofo si riconosce per la forma sferoidale e compatta, la dimensione notevole e il colore che vira dal verde al violetto. 
Infine, rispetto ad altre varietà, nel Carciofo Romanesco del Lazio Igp lo scarto è minimo, perché anche le brattee più esterne, salvo le prime, si possono mangiare, grazie alla quasi totale assenza delle spine. 



Tra le azioni di comunicazioni previste dal consorzio erano inizialmente previste anche attività promozionali in store, show cooking, un nuovo sito internet e l’inserimento di Qr code sulle confezioni. Tutti progetti rimasti in stallo a causa dei provvedimenti introdotti dal Covid. 
Ma il consorzio non demorde e, grazie all’adesione all’Op Agrinsieme (che produce circa il 90% del Carciofo Romanesco del Lazio Igp) i carciofi Igp della Cooperativa Agorà hanno avuto l’opportunità di arrivare alla Gdo e sono oggi presenti nei punti vendita delle principali catene della grande distribuzione non solo nel Lazio, ma anche in Abruzzo, Toscana ed Emilia-Romagna.
“Li vendiamo raggruppati in mazzi da 3 o 5 unità e circondati da una fascia con logo che ne identifica con chiarezza la certificazione a marchio Igp – dice il produttore – E’ fondamentale che l’impegno nella valorizzazione dei nostri carciofi sia presente a tutti i livelli della filiera, a partire dalla Gdo che oggi ancora più di ieri, data la crisi attraversata dal canale horeca, ne rappresenta l’anello principale”.

E conclude: “Nonostante quest’anno abbiamo incrementato la produzione, siamo andati incontro a diversi problemi causati dal maltempo. Con le gelate di metà febbraio e degli ultimi giorni, è bastata un po’ di brina per bruciare le foglie dei carciofi annerendole e rendendo il prodotto non idoneo alla vendita”.

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