Lavorare in agricoltura? Non basta saper staccare un frutto

Caporalato, prezzo e imprenditorialità: la politica agisca su più fronti

Lavorare in agricoltura? Non basta saper staccare un frutto
Dal caporalato alla cultura imprenditoriale. Prendendo spunto da un nostro articolo Ugo Bruschi, socio di una cooperativa piemontese, ci ha scritto questa lettera.

Ho letto il vostro articolo “Ecco come cambia la mappa del caporalato” ed ho trovato interessante come si racconta il nostro Paese, che letto da una persona qualunque, pensa quasi che finalmente l’Italia alla fine sia un Paese unito, come pensava la cricca nel 1861, anche se è azzardato affermare che al giorno d’oggi questa impresa sia stata portata a compimento.

Il problema del caporalato non è dettato solo dalla responsabilità degli imprenditori agricoli ma da un sistema “marcio” nel concetto di vita, dell’importanza dei beni primari. Poi ci sono le mele marce come in tutte le cose.

Quanto il cliente finale è disposto pagare un prodotto dell’ortofrutta con la stessa naturalezza con cui, magari si indebita, per uno smartphone? Certo Apple fa delle pubblicità interessanti, che convincono la gente ad acquistare.

La IV gamma è un esempio di come il cliente finale non bada al prezzo per la “comodità” ma non tutti possiamo fare IV gamma, possiamo produrre per la IV morendo di fame con certezza. Poi arriva il Covid e la IV gamma si siede e si chiede aiuto a quei cento agricoltori sotto menzionati.

Su dieci imprenditori agricoli di successo, proprio perché hanno chiara la parola imprenditore, ci sono cento agricoltori che hanno difficoltà entrare in un sistema imprenditoriale, peccato che siano però quelli che spesso riforniscono comunque i banchi delle Gdo e magari con un prodotto migliore.

Dal 1994 ad oggi abbiamo cambiato 13 ministri dell’agricoltura di cui solo 4 avevano una formazione, almeno teorica, della materia. Direi non male per essere al timone di un aeroplano, con a bordo i passeggeri.

In modo provocatorio, forse il ministro dell’agricoltura invece di combattere il lavoro in nero dovrebbe obbligare quei 100 agricoltori a chiudere per incapacità di impresa. Incapacità, come disse il ministro ad un convegno a cui ero presente, di fare impresa tra gli agricoltori comprando in più persone un trattore e poi utilizzarlo a turno. Non penso sia una cosa impossibile, alla fine si costituisce una cooperativa oppure un altro tipo di società, ma comprendo che per stare al governo bisogna avere molta fantasia.

“Oltre 200mila persone sottratte al lavoro nero” la maggior parte colf e badanti, in agricoltura è stato un flop, ha dovuto inserire anche persone con già un contratto ed è stato comunque un insuccesso. Ministro si occupi dell’agricoltura!

Purtroppo il prezzo del prodotto è dettato dalla quantità di prodotto sul mercato e sulla richiesta del consumatore, ma a differenza di un’automobile che si può fermare la produzione per smaltire lo stoccaggio, in agricoltura questo non è possibile. La raccolta deve continuare e i costi restano invariabili.

Proviamo a fare una indagine su quanti italiani sarebbero disposti lavorare nelle campagne, soprattutto quelli con il reddito di cittadinanza. (Esperienza vissuta in prima persona. Assunzione di una persona con la 381; l’Asl del territorio mi disse che il ragazzo aspettava fino a lunedì a darmi una risposta, perchè gli avrebbero comunicato il reddito di cittadinanza. Reddito di cittadinanza erogato per il soggetto 900€ circa, naturalmente la risposta è stata “sto a casa a dormire”).

Proviamo a conoscere veramente chi sono gli immigrati: dopo 5 anni a stretto contatto con loro, penso di essermi fatto una piccola idea, che sicuramente è molto più grande di quei ministri da poltrona oppure di educatori spesso privi di titoli all’interno dei centri di accoglienza. La nostra lingua è difficile e spesso arrivano persone prive di istruzione anche dal loro Paese, ma dopo 2 anni non sapere cos’è una cella frigorifero che magari apri tutti i giorni, non riuscire dopo la centesima volta a sistemare delle cassette in modo incrociato sopra ad una pedana. Non parliamo delle regole tipo se devo arrivare alle 7 e arrivo alle 7.45... Con questo non voglio dire di sfruttarli, ma in agricoltura non basta saper staccare un frutto dalla pianta e loro sono una delle poche risorse rimaste, anche se c’è un detto che chi meno spende più spende.

C’era un imprenditore che diceva del suo prodotto “provare per credere”. Forse quel prodotto non era come lo immaginavamo. Cerchiamo di conoscere più a fondo possibile le cose e non solo per sentito dire.

Penso che se nessuno mai si fermerà ad un tavolo e ragionare veramente sull’importanza dell’agricoltura nel nostro paese, sarà sempre una guerra tra poveri, un colpevolizzare l’altro per non vedere le proprie responsabilità, ma a quanto sembra ai gestori dello Stato, è uno sport che prediligono.

Mi sembra la solita cosa all’italiana: prendiamo il tossico dipendente perché è meno rischioso dello spacciatore o del trafficante. Non è che tagliando un ramo di una pianta la radice muore.

Ugo Bruschi

Copyright 2020 Italiafruit News