Plastic tax ridimensionata, «ma non basta»

Emendamento del governo. Bellanova: ci indebolisce. Infia: serve solo a fare cassa

Plastic tax ridimensionata, «ma non basta»
La plastic tax viene dimezzata a 50 centesimi di euro e non si applica al materiale che proviene da processi di riciclo. E' quanto prevede l'emendamento del governo alla manovra che, dopo le polemiche sollevate, corregge la misura. L'emendamento, si legge nella relazione tecnica, "prevede che non sia considerato fabbricante chi produce manufatti in plastica con singolo impiego utilizzando, come materia prima o semilavorati, altri manufatti in plastica con singolo impiego sui quali l'imposta è dovuta da un altro soggetto, senza l'aggiunta di ulteriori materie plastiche". Italia Viva non è soddisfatta: puntava all’abolizione totale e in subordine al dimezzamento dell’imposta (abbassandola quindi da 1 euro a 50 centesimi al chilogrammo) ma a partire dal 2021. “Bisogna eliminare dalla Legge di Bilancio la tassa sulla plastica e quella sullo zucchero, perché ci indeboliscono”, aveva detto senza mezzi termini mercoledì Teresa Bellanova, capo delegazione della stessa Italia Viva e titolare del Mipaaf. L’esame della Manovra dovrebbe approdare a Palazzo Madama lunedì prossimo, 9 dicembre.



Ieri, intanto, oltre 200 tra operai, manager e imprenditori dell’industria delle bevande analcoliche hanno manifestato davanti a Montecitorio la loro contrarietà verso sugar e plastic tax. Oggi sarà la volta della manifestazione nelle aziende del settore, che si fermeranno per un’ora.

Prende posizione anche Infia: “La plastic tax rischia di affossare ulteriormente la competitività di un settore di eccellenza che sta già intraprendendo una transizione verso soluzioni più sostenibili. Dobbiamo evitare il ripetersi di provvedimenti inappropriati che fanno male al Paese”. Secondo Giuseppe Montaguti, presidente e amministratore delegato dell’azienda che produce imballaggi per il settore ortofrutticolo, la tassa sulla plastica rappresenta un inutile e pesante fardello per le aziende del packaging, che rischiano di perdere competitività: “Già oggi il 15% della plastica utilizzata proviene da economia circolare, con un trend in continua crescita, anche sulla spinta delle dinamiche di mercato. Basti pensare che la domanda di polimeri riciclati è salita nel 2018 del 3,1%, a fronte di una discesa dei consumi di materie plastiche vergini”. 

Con 3.000 aziende operanti in tutto il Paese e 50.000 dipendenti diretti - ricorda Infia - l’industria italiana degli imballaggi di plastica oggi realizza un fatturato di oltre 12 miliardi di euro. “Quella proposta dal Governo nella nuova manovra di bilancio è una tassa senza nessuno scopo ambientale - conclude Montaguti (nella foto sotto) - serve solo a fare cassa e provocherà danni all’ambiente, all’innovazione, all’industria e ai lavoratori”.



L’Ufficio parlamentare di bilancio, nel Rapporto sulla politica di bilancio 2020, soffermandosi sugli effetti della manovra, sostiene che la plastic tax dovrebbe essere introdotta “in maniera più graduale, partendo da un livello più basso e progressivamente crescente nel tempo; ciò permetterebbe alle imprese del settore della plastica di adattarsi per tempo al nuovo schema di tassazione e, plausibilmente, di accogliere più favorevolmente la misura”. Secondo l’Upb la nuova imposta comporterà “una flessione di un decimo di punto percentuale del Pil, in termini cumulati nel periodo 2020-22”.

Per Coldiretti “la plastic tax colpisce due terzi della spesa a tavola in cibi e bevande delle famiglie e rischia di penalizzare a cascata l’intera filiera agroalimentare dove si concentra il 76% degli imballaggi in plastica”. Per la confederazione “l’obiettivo di riduzione della plastica va perseguito nell’ottica di una visione strategica di ampio respiro con incentivi premianti per lo sviluppo e la ricerca piuttosto che con misure punitive soprattutto perché per alcune categorie di prodotto non ci sono al momento alternative”. E ancora: “Con la plastic tax esiste il rischio evidente che il costo venga scaricato sugli anelli più deboli della filiera: da una parte sugli agricoltori ai quali verrà chiesto di ridurre ulteriormente i margini di reddito e dall’altra la tassa andrà a colpire i consumatori finali”.

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