Mazzini (Coop Italia): «L'ortofrutta che vorrei»

Il manager spiega come cambia il consumatore e come deve cambiare la filiera

Mazzini (Coop Italia): «L'ortofrutta che vorrei»
Il convegno dedicato agli 80 anni della Rivista di Frutticoltura, ieri a Cesena Fiera, ha rappresentato anche l’occasione per chiedere al responsabile Freschissimi di Coop Italia, Claudio Mazzini, come vede il futuro del sistema ortofrutticolo nazionale del settore e, soprattutto, dei consumi.

La grande distribuzione organizzata ha un rapporto privilegiato con il consumatore, che ospita quasi quotidianamente nei propri punti vendita. Per quella che è la vostra esperienza, come è cambiato il consumatore negli ultimi anni?
E’ sicuramente più consapevole e informato, curioso e disposto a sperimentare, ma anche sempre più distante dal luogo di produzione e dalle sue problematiche. In più, ha sempre meno tempo da dedicare in cucina ed è molto attento alla spesa. Anche se disponibile a spendere denaro sulle vere innovazioni. Quindi, un consumatore che può apparire dicotomico, con una duplice personalità, di sicuro più difficile da interpretare.

Viste queste premesse cosa dobbiamo fare, e come, per cambiare la filiera?
In primo luogo direi “back to basic”, tornare alle basi della qualità al giusto prezzo; poi, però, dobbiamo gestire l’innovazione vera, e il conseguente aumento delle soluzioni, perché bisogna controllare la proliferazione di novità. In reparto non c’è lo spazio fisico per tutto e la selezione sarà darwiniana. Ancora, serve maggiore aggregazione, coordinata dalla produzione, e sostenibilità, eticità delle produzioni che, però, è vissuta come un prerequisito, fino alla modalità di ingaggio dei consumatori e alla trasparenza.

In questo senso, come si sta muovendo Coop Italia?
Intanto pensiamo a una politica di marca in un settore ancora quasi totalmente unbranded. Fare la marca significa, però, coerenza in particolare sulla qualità. Poi, una maggiore segmentazione dell’offerta e promozioni mirate a fare conoscere valori e valore. Il baricentro sarà l’italianità ma il Made in Italy non può diventare una coperta di contenuti non coerenti. Per finire, dobbiamo sempre più fare progetti, fare filiera, accorciare e “deintermediare” la filiera. Pochi passaggi, insomma, ma buoni.

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