Diradamento meccanico del melo, risultati incoraggianti

Una pratica fondamentale per raggiungere la qualità. "Istruzioni" per l'uso

Diradamento meccanico del melo, risultati incoraggianti

Proseguono gli articoli di Italiafruit News sulle tecniche a basso impatto ambientale utilizzate in frutticoltura. Dopo le reti anti-carpocapsa, puntiamo il faro sul diradamento meccanico del melo, riportando una serie di dati ottenuti dal Creso e pubblicati sull'Informatore Agrario 12/2015.

Diradamento: una pratica fondamentale per raggiungere la qualità

Regolare il carico produttivo è una pratica imprescindibile se si vogliono ottenere  frutti di pezzatura adeguata, e solitamente è possibile combinando due pratiche colturali: potatura e diradamento dei frutti (o fiori). Nel primo caso, siamo di fronte ad una tecnica storica ed oramai consolidata, mentre nel diradamento sono in atto negli ultimi anni evoluzioni tecniche notevoli.
Prima di parlare del futuro, occorre fare un passo indietro e spiegare in che modo si è diradato il melo fino ad oggi. In sostanza, sono presenti due tipologie:
  • Manuale => si asportano manualmente i frutticini appena nati dall'albero, come nel pesco, tramite l'impiego di operai specializzati; ovviamente i costi sono molto alti.
  • Chimico => si utilizzano sostanze che fanno cadere i frutticini in eccesso. Un tempo c'era una sostanza collaudata ed efficace come il carbaryl; dopo la sua revoca dall'Ue si è passati a diversi principi attivi che risultano incostanti nella loro efficacia.
È evidente come in un contesto del genere, occorresse trovare un'alternativa, a basso costo, efficace, eco-compatibile, e la si è trovato nel diradamento meccanico.

Diradamento meccanico: istruzioni per l'uso

La prima macchina diradante comparsa sul mercato è la Darwin® della ditta Fruit Tec, alla quale sono seguiti diversi modelli che si rifanno all'originale. Il macchinario è composto da un cilindro rotante verticale di altezza superiore ai 2 metri sulla quale si inseriscono delle barre portafili in materiale plastico per un totale di 300 fili lunghi 60 cm. L'attrezzatura è applicata anteriormente alla trattrice e durante il suo avanzamento il cilindro ruota su sé stesso asportando i fiori grazie allo spazzolamento effettuato dai fili (vedi foto). L'intensità di eliminazione dei fiori dipende dalla rapidità di avanzamento e dalla velocità di rotazione.
Un accorgimento fondamentale riguarda la forma di allevamento, che deve possedere la chioma più stretta possibile in modo da avere un diradamento omogeneo sull'intera pianta. Pertanto si predilgono forme in parete (asse, bi-asse e multi-asse) a discapito delle più note forme in volume (fusetto, solaxe).

Nella foto: Diradamento meccanico - CReSO

Risultati eccellenti

La ricerca effettuata dal Creso, all'interno del progetto "Ager Melo", ha verificato l'efficacia della macchina diradante Darwin testata su due cloni del gruppo Gala, allevati a bi-asse ed asse colonnare. I dati sono incoraggianti, in quanto si è ottenuta un'asportazione di circa il 20% dei frutti, che ha generato in entrambi i casi produzioni calcolate superiori alle 50 tonnellate per ettaro; per quanto riguarda le pezzature, si evidenzia il risultato dell'asse colonnare con oltre l'80% dei frutti che superano i 70 mm di calibro.

Utilizzabile anche su pesco e susino

Il diradamento meccanico si sta affermando come valida alternativa all'impiego dei prodotti diradanti, sia in melicoltura integrata che biologica. Logicamente l'utilizzo deve essere valutato anno per anno in relazione alla fioritura ed alla varietà, in modo da calibrare con precisione l'intensità dell'intervento. Inoltre, la macchina è un'opportunità tanto per il pesco quanto per il susino, dove il diradamento è esclusivamente manuale.

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