«Agrumi, Spagna competitor? No, ormai è un fornitore»

Seminario in Calabria evidenzia i guai del made in Italy: servono ricerca, aggregazione, innovazione

«Agrumi, Spagna competitor? No, ormai è un fornitore»
Ricerca, aggregazione, innovazione varietale: questi i capisaldi per il rilancio dell’agrumicoltura calabrese secondo quanto emerso sabato 21 febbraio a Guardavalle (Catanzaro) nel corso del seminario “Agrumicoltura di qualità, possibilità e prospettive per il nostro territorio” organizzato dall’Associazione Puntastilo guidata dall’agronomo calabrese Francesco Quaranta.

All’incontro sono intervenuti  Francesco Perri, agronomo ed esperto in produzioni agrumicole; Giancarlo Roccuzzo, ricercatore preso il Cra di Acireale; Franceso Ancona, agronomo presso la Agrinova Bio 2000; Marco Eleuteri, direttore Commerciale dell’Aop Armonia, conoscitore del mercato agrumicolo internazionale.

L’Associazione Puntastilo è un'associazione nata per promuovere i prodotti e i territori della bassa Calabria jonica, una zona molto vocata per la produzione di agrumi, sebbene oggi molti agrumeti soffrano uno stato di preoccupante abbandono. Da qui la volontà di Quaranta, motore dell’associazione, di provare a cambiare lo status quo ed invertire la rotta puntando sul binomio agricoltura-turismo in una zona della Calabria che oltre a produrre ottimi agrumi può contare su spiagge splendide, paesaggi incontaminati e monumenti prestigiosi come i bronzi di Riace.

Eleuteri: la Spagna ci ha distaccato

Nel suo intervento Eleuteri ha presentato dapprima alcuni dati recenti sulla produzione nazionale per poi analizzare lo stato di forte declino dell’agrumicoltura italiana, specie nei confronti di quella degli altri produttori agrumicoli del Mediterraneo, in primis la Spagna. “I dati sono chiari”, dichiara Eleuteri a Italiafruit News: “non dovremmo più considerare la Spagna come il nostro maggior competitor internazionale ma come il nostro maggior fornitore di agrumi, visto che importiamo più agrumi di quanti ne esportiamo ed il 60% di questi  provengono dalla Spagna. Siamo diventati negli ultimi anni uno dei loro migliori clienti, con la differenza che tra i loro migliori clienti  gli unici che producono agrumi siamo noi”.



“In Italia ormai produciamo per il solo consumo interno”, aggiunge Eleuteri, “esportiamo meno del 10% della produzione contro il 75% della quota export spagnola; se non ci impegniamo a riconquistare il mercato internazionale finiremo per perdere anche quello domestico e capiterà sempre più spesso di trovare a gennaio, limoni e clementine spagnole non a Milano, ma in diversi supermercati di Corigliano Calabro: a me è successo”, commenta amaro Eleuteri.

Dimensioni aziendali e varietà inadeguate

Per il direttore commerciale di Aop Armonia “la maggiore criticità, il punto debole da superare se vogliamo almeno provare a invertire questo progressivo declino della nostra agrumicoltura, è l’aumento della dimensione media delle nostre aziende: non possiamo pensare di competere sui mercati internazionali con aziendine che non arrivano neanche 10 milioni di euro di fatturato, quando i primi 10 operatori agrumicoli spagnoli fatturano insieme  piu’ di mille milioni di euro…”

Insomma, per Eleuteri la crescita della dimensione aziendale è la “conditio sine qua non”  per poter attuare un qualsiasi progetto di rilancio del settore agrumicolo. Dopo di che bisogna tornare ad investire: “abbiamo bisogno di coltivare nuove varietà per ampliare il calendario di commercializzazione nuove tecnologie per un miglior trattamento dei frutti in magazzino, nuovi packaging per rendere più attraenti i nostri prodotti, più comunicazione e promozione per sostenere l’immagine delle nostre produzioni, soprattutto all’estero... Insomma ci sono molte cose da fare, e se riusciremo a caratterizzare anche i nostri agrumi con l’appeal italiano che contraddistingue con successo il nostro agroalimentare in tutto il mondo, credo che la nostra agrumicoltura abbia ancora la possibilità di  tornare a crescere e l’Italia riconquistare un ruolo di protagonista tra i produttori agrumicoli del Mediterraneo”.

Agrumi a maturazione tardiva nella bassa costa jonica

Francesco Perri, nel corso del convegno, ha stimato in 2.000 gli ettari della bassa costa jonica della Calabria in cui si potrebbe praticare una agrumicoltura di qualità, auspicabilmente dedicata alla produzione di agrumi a maturazione tardiva, nel rispetto della vocazionalità dei territori (principio per il quale l’agronomo calabrese si batte da anni),  e del tutto complementare alla produzione concentrata più su varietà precoci della Sibaritide.



Perri ha poi descritto le caratteristiche di alcune varietà di easy pealer a maturazione tardiva (gennaio-marzo); tra queste alcune originatesi all’estero, come la Nadorcott, la Tango e la Orri, iscritte nel Registro delle varietà protette (quindi a diffusione severamente controllata), la serie di ibridi-triploidi ottenuti dalla ricerca italiana suggerendo come più interessante tra tutti il Mandared, nonchè una mutazione spontanea della clementina comune, denominata per ora con la sigla SZ che matura durante la seconda metà di gennaio e la prima decade di febbraio,  varietà molto interessante per qualità del frutto e produttività della pianta.

Sono seguiti poi gli interventi di Giancarlo Roccuzzo e Francesco Ancona, che hanno cercato di affrontare alcune problematiche relative alla produzione agrumicola biologica; il primo illustrando i risultati ottenuti dalla ricerca in merito alla gestione della fertilità in agrumicoltura biologica, il secondo suggerendo alcune strategia di difesa nell’agrumeto sempre in ambiente biologico.

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