EFFETTO BATTERIOSI: IN PIEMONTE IL KIWI CEDE IL PASSO ALLE MELE ROSSE… CON SILVIO PELLEGRINO - DIRETTORE CReSO

EFFETTO BATTERIOSI: IN PIEMONTE IL KIWI CEDE IL PASSO ALLE MELE  ROSSE… CON SILVIO PELLEGRINO - DIRETTORE CReSO
Marzocchi – Direttore, in un recente incontro organizzato dal Creso si è parlato della riscoperta del melo in Piemonte per sostituire gli ettari di actinidia estirpati. Esistono problemi di natura fitopatologica e agronomica nell'impiantare melo al posto del kiwi? Su quali varietà state puntando?

Pellegrino – La pandemia che ha colpito il kiwi (con l'estirpo negli ultimi anni del 25% delle superfici pari a circa mille ettari) ha, al contempo, spinto i frutticoltori piemontesi a valutare le possibili alternative colturali: il melo è una delle scelte più gettonate per diverse ragioni. In Piemonte le alternative sono rappresentate dal pesco (circa 6mila ettari), l'actinidia (circa 5 mila ettari) e il melo (attualmente ha raggiunto un'estensione di quasi 5,4 mila ettari). Quest'ultimo si sta rivelando promotore di due tipi di vantaggi: uno di natura squisitamente agronomica legato al fatto che - come emerso in un convegno svoltosi l'anno scorso - il reimpianto del melo sul kiwi ha ottime prospettive grazie alla fertilità residua del terreno (pari anche al 90-95%). In più il kiwi non rilascia tossine che intaccano il melo, vi è una completa eliminazione delle radici durante l'estirpo e il terreno mantiene una fertilità ottimale.
A queste ragioni se ne aggiungono altre di natura più commerciale. Il Piemonte è la regione italiana con la più alta densità di ettari coltivati con varietà di mele rosse, (da poco è stato anche ottenuto il riconoscimento IGP per la mela rossa Cuneo). Un tipo di mela, a differenza della Golden - la mela degli italiani - il cui successo è indiscutibile nei paesi esteri i quali invece preferiscono un frutto colorato. Il 65% della produzione melicola piemontese, infatti, viene venduto in particolare nei paesi del Medio Oriente, Golfo Persico, dell'Estremo Oriente (Taiwan, Malesia, Indonesia), ma anche in Nord Africa (Libia, Egitto, Marocco, Tunisia) e più recentemente in Brasile. Orientali e Arabi apprezzano molto le mele rosse e dolci. L'80% della produzione di cultivar rosse (Gala, Fuji, Braeburn, Red Delicious), infatti, viene esportata oltremare.
La nostra stazione sperimentale, dunque, oltre al progetto "liste varietali dei fruttiferi" coordinato dal CRA, partecipa alla rete di ricerca europea EUFRIN–apple variety testing, e stiamo investendo in modo particolare nella ricerca e sperimentazione di nuove cultivar colorate – che giungano a maturazione nel periodo successivo alla Golden – e che rispondano al meglio alle esigenze ambientali del territorio piemontese.


Nella foto: Laboratorio Qualità - CReSO

Marzocchi - Oltre all'innovazione varietale un punto delicato su cui concentrare l'attenzione è la gestione del carico produttivo. Quali sono i vantaggi derivanti dalla tecnica del diradamento meccanico?

Pellegrino – Dopo la fine dell'era carbaryl, i nuovi fitoregolatori si sono rivelati sicuramente più ecocompatibili, ma meno efficaci in quanto non garantiscono un risultato costante nel tempo. Inoltre, il diradamento chimico è un trattamento condizionato dall'altitudine, il che ci vede in una posizione più svantaggiata poiché i nostri meleti si estendono su un altopiano fra i 400 e i 600 metri sul livello del mare, perciò alcuni prodotti non garantiscono i risultati come lo farebbero in altre zone. I nostri ricercatori hanno approfondito i vantaggi derivanti dall'utilizzo del diradamento meccanico dei fiori, che fra l'altro può essere adottato anche sul pesco. Lo consigliamo innanzitutto perché garantisce un risultato indipendentemente dalle condizioni meteo. Inoltre, permette di capire subito l'effetto ottenuto e può essere integrato con una rifinitura manuale, o con un fitoregolatore per cogliere esattamente il risultato voluto (n. frutti/albero). Infine è una tecnica applicabile anche nell'agricoltura biologica. Per ottenere il massimo risultato con il diradamento meccanico, tuttavia, è necessario progettare fin da subito una struttura architettonica del frutteto adatta a garantire il massimo risultato. La nuova modellistica dell'impianto per il meleto deve avere una forma di allevamento a pareti strette e branchette fruttifere non intralcianti.


Nella foto: Diradamento meccanico - CReSO

Marzocchi - Qual è la situazione della diffusione in regione delle patologie del melo fra cui il colpo di fuoco e il deperimento del melo?

Pellegrino – Negli ultimi anni si sono verificati alcuni casi isolati di colpo di fuoco batterico, una patologia davvero pericolosa. Il Piemonte tuttavia resta "area protetta" ai fini vivaistici, proprio per evitare di importare materiale infetto da altre regioni. Avendo rilevato qualche caso isolato, abbiamo voluto allertare al massimo i frutticoltori della regione in occasione del convegno "Il melo in Piemonte, competitività e opportunità" svoltosi a Manta lo scorso 29 novembre, poiché riteniamo di enorme importanza che siano loro i primi a tenere monitorata la situazione. In occasione dell'incontro abbiamo anche distribuito una scheda tecnica (clicca qui per scaricarla) con le indicazioni utili a riconoscere la malattia e intervenire. Sul fronte del deperimento del melo, altra patologia che crea non pochi problemi (si presenta al terzo o quarto anno dopo il reimpianto), siamo fiduciosi: come detto prima, l'actinidia lascia un terreno in condizioni di fertilità agronomica ottimali per il melo, molto più che nel caso di impianto di melo su melo.


Nella foto: Story(R)-Inored - CReSO

Per scaricare le relazioni del convegno clicca qui


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