Dal campo
Ortofrutta bio, prezzi ai raggi X
Il differenziale con il convenzionale si assottiglia, mela "regina" in valore: i dati del Sana
Il differenziale tra bio e convenzionale si è assottigliato, negli ultimi anni, ma il prezzo al consumo resta comunque sensibilmente più alto: è quanto emerso al convegno di venerdì a Sana Restart in cui sono stati presentati i dati Nielsen-Ismea. "Il problema del prezzo giusto nel settore è annoso", ha spiegato Riccardo Meo di Ismea. "Mediamente il biologico ha un riconoscimento più alto all'origine, anche se è difficile generalizzare; la differenza è del 60% circa rispetto al convenzionale".
Per quanto riguarda le quotazioni all'origine di frutta e verdura, nel periodo tra il 2016 e il 2020 (nella tabella sotto) il gap medio delle arance è stato del 33% mentre per le mele bio la differenza con il convenzionale balza al 127%; "forbice" decisamente più stretta per le patate (+18%), più ampia per il pomodoro tondo (62%). Se la coltura richiede una lavorazione complessa e un know how maggiore, il differenziale si amplia, ha detto Meo.
La rilevazione dei prezzi al consumo aggiornata a giugno 2020 (nel grafico sotto) evidenzia che la differenza tra organic e non risulta tutto sommato coerente con la forbice alla produzione: nel caso delle mele il "salto" è del 116%, lievemente più basso rispetto a quello che si riscontra all'origine. "La distribuzione sembra non applicare marginalità più alte rispetto al convenzionale" ha concluso l'esponente Ismea.
Secondo Marco Pedroni, presidente di Adm e di Coop Italia, in Italia si consuma ancora troppo poco biologico e il problema è proprio il prezzo: “Il ritmo di crescita del bio è alto, ma attenzione quando la forbice di prezzo raggiunge l’80% molti consumatori non comprano", ha detto al convegno di Sana Restart lanciando un ideale appello ai protagonisti della Gdo. "Il biologico non può e non deve essere una nicchia".