L'ortofrutta è meglio che si dia all'ippica

Il ministro presenta il suo programma: zero considerazione per il settore

L'ortofrutta è meglio che si dia all'ippica
Le parole dovrebbero avere la loro importanza, soprattutto se a pronunciarle è un ministro. La settimana scorsa Stefano Patuanelli ha presentato alla Commissione Agricoltura e Produzione agroalimentare del Senato le proprie linee programmatiche e ieri ha replicato in Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati: l'ortofrutta compare una volta, di striscio, quando il titolare di via XX Settembre cita di tavoli di filiera nell'ultimo punto del suo intervento (qui la versione integrale). Per il resto zero considerazione per il settore: c'è da preoccuparsi? Un pochino sì.

Ovviamente non ci si poteva aspettare che in questa occasione il ministro si concentrasse sulla scarsa aggregazione del comparto, sulle barriere per le esportazioni, sulle croniche crisi dei prezzi alla produzione di frutta e verdura... Ma se la filiera della canapa e l'ippica hanno stimolato l'attenzione di Patuanelli – visto che con i colleghi parlamentari si è soffermato su questi punti – dovrebbe suonare come un campanello d'allarme l'assenza di ogni riferimento a frutta e verdura. Il nostro settore rischia di finire ancora una volta dimenticato e chi lo rappresenta, a Roma e nei territori, dovrebbe farsi qualche domanda, visto che all'ennesimo cambio di ministro il peso politico dell'ortofrutta resta lo stesso: nullo o quasi.



Le parole, dicevamo. Dall'intervento del ministro emerge una visione grillina dell'agricoltura: si evoca la solita sostenibilità e l'economia realmente circolare, dicendo che i produttori devono fare reddito non solo sui campi ma sfruttando “nuovi ambiti economici” con una “gestione sostenibile del capitale naturale, tutelando gli habitat e gli agrosistemi”. La nuova imprenditoria deve essere basata “sul consolidamento del patrimonio naturale e sociale” poi pazienza se la frutta viene liquidata a una manciata di centesimi il chilo. La vendita diretta per Patuanelli è “attività insostituibile e voce ogni giorno più importante per le imprese agricole, sempre più attente ad avere un rapporto diretto e di fiducia con i consumatori”: il ministro annuncia nuove risorse per stimolare la nascita dei farmers market – sarà contenta la Coldiretti – e pazienza se le vendite vere dell'agroalimentare si realizzano nel canale della distribuzione moderna. La canapa merita un “grande piano”, l'olivicolo oleario “un'attenzione particolare”, per l'ippica è avvertita “l'esigenza di riforma con un progetto credibile di risanamento e di rilancio”, il settore delle carni e la zootecnica “continueranno ad avere i ristori”... L'ortofrutta, invece, non pervenuta: o va tutto bene oppure nell'agenda del ministro manca una pagina rilevante dell'agroalimentare italiano. Fate voi.



L'importante, per Patuanelli, è combattere perdite e sprechi alimentari, trovando una nuova vita ai sottoprodotti e agli scarti di lavorazione. C'è tanta attenzione alle energie rinnovabili e alla digitalizzazione... ma la realtà è fatta di piccole imprese sottocapitalizzate, con una cultura manageriale ancora da formare e una scarsissima capacità di investimento: se non si cambia questo hai voglia di parlare di innovazione.

Sulle parole chiave del suo mandato non si può certo obiettare: equa distribuzione del valore lungo tutta la filiera produttiva; transizione ecologica; innovazione e trasparenza. Ma ora il ministro deve riempire di contenuti questi slogan e tradurli davvero in un motore di competitività. Non solo per l'ippica, ma anche per l'ortofrutta.

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