Aeroponica green, obiettivo industrializzazione

Il sistema di coltivazione proposto dalla startup LocalGreen prevede un risparmio idrico del 98%

Aeroponica green, obiettivo industrializzazione
Un sistema di coltivazione aeroponica riproducibile su scala industriale, dai costi ridotti ed una gestione interamente green. E’ l’obiettivo della startup milanese LocalGreen, avviata dai giovani Lorenzo Beccari e Paolo Forattini, dopo essersi specializzati sulle più moderne tecnologie del settore. Il loro progetto prevede una coltivazione indoor con risparmi idrici fino al 98% e un aumento di produttività del 20% al metro quadrato rispetto all’idroponica.



“Studiando le più moderne applicazioni per l’agricoltura, abbiamo capito che i principali limiti per il vertical farming erano il costo iniziale degli scaffali automatici e quelli operativi di gestione – spiega Beccari a Italiafruit News – per questo abbiamo semplificato la tecnologia passando da ripiani orizzontali a pareti verticali. Per farlo abbiamo creato un design della parete ad hoc, oltre ad un sistema di automazione più semplice e più efficiente rispetto agli scaffali”.
“Grazie alla nebulizzazione di acqua e nutrimenti sopra le piante – continua - i nostri sistemi assicurano il 20% di produttività in più per metro quadro rispetto all’idroponica, oltre a una riduzione dei costi di impiantistica e manutenzione”.

E aggiunge: “Abbiamo inoltre introdotto nell’impianto una nuova conformazione logistica, che prevede un unico punto di raccolta nella struttura, senza ingressi di persone esterne. Abbiamo creato una ‘camera bianca’ in cui le piantine crescono nelle condizioni ideali, senza alcuna contaminazione da agenti esterni. Una volta perfettamente sviluppate, le piantine passano in un sistema automatizzato di raccolta, lavorazione e confezionamento; stiamo brevettando le tecnologie in questo momento”.

La produzione di Local Green sarà specializzata in IV gamma. “Siamo in grado di riprodurre qualsiasi ortaggio a foglia verde – sottolinea Beccari – ma la nostra idea è quella di lavorare con varietà, formati e mix che non sono in commercio, per arrivare a una nuova segmentazione della produzione, in grado di proporsi ad una clientela trasversale”. La startup sta lavorando su varietà che difficilmente riescono ad essere coltivate in campo aperto, tra cui qualche prodotto di provenienza estera dal gusto innovativo. I canali di vendita saranno rappresentanti dai punti vendita specializzati e dall’e-commerce online, per poi affacciarsi in futuro anche sulle catene della Gdo.



“Non vogliamo che il confezionato rappresenti un compromesso tra freschezza e qualità – specificano dalla startup – per questo coltiviamo a chilometro zero e tutto il processo produttivo, dalla raccolta alla lavorazione fino al confezionamento, avvengono in poche ore all’interno dello stesso edificio. Inoltre tutti i nostri prodotti sono estremamente salutari perché privi di pesticidi e di residui di metalli pesanti”.

La sostenibilità è in primo piano e il risparmio idrico arriva al 98% grazie al ciclo di acque chiuse in cui “l’unica acqua consumata è quella assorbita dalle piante, la restante parte viene tutta recuperata e riutilizzata”.
Ma l’impegno ambientale di LocalGreen non finisce qui. “Stiamo lavorando per risparmiare suolo, considerato che 1 mq di vertical farming corrisponde a circa 350 mq di agricoltura tradizionale – assicurano – mentre per ridurre al minimo la nostra impronta carbonica ci impegniamo ad un utilizzo massiccio di energia rinnovabile”.

Attualmente ospitata nell’Innovation Center Giulio Natta, la startup si trova ancora in una fase di ricerca e sviluppo, anche se per gennaio 2021 punta ad entrare con alcuni prodotti nei punti vendita dell’hinterland milanese. In crescita il team: da poco si è aggiunto un mentor commerciale proveniente dagli ambienti della Gdo italiana, mentre la gestione di ricerca e sviluppo è affidata ad un agronomo italiano proveniente dalle realtà europee: “La specializzazione per noi è importantissima - concludono – e in questo modo abbiamo contribuito a riportare in Italia un cervello in fuga”.

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