«Ortaggi asiatici, perchè ho iniziato a coltivarli»

Karela, Okra, Tinda, Kaddù, Habanero tra le produzioni avviate da Stefano Bonioli

«Ortaggi asiatici, perchè ho iniziato a coltivarli»
L’agricoltura può ricoprire un ruolo fondamentale nel processo di adattamento al cambiamento climatico: le temperature sempre più calde e instabili possono rivelarsi ideali per lo sviluppo di nuove colture provenienti da Paesi tropicali. 

Tra le cultivar estere che hanno trovato terreno fertile in Emilia Romagna ci sono gli ortaggi asiatici, che Stefano Bonioli, biologo aderente a Confagricoltura Ferrara e segretario delle delegazioni di Migliarino e Tresigallo, sta sperimentando da anni. E’ già avviata la produzione di melone amaro indiano Karela (foto in apertura), dell’Okra, della zucchina indiana Tinda e della zucca Kaddù, oltre che dei peperoncini piccanti asiatici dal Medio Oriente.


Okra

Ad avvicinare il tecnico a queste referenze una grande passione per il proprio lavoro ed anche la volontà di soddisfare i bisogni delle sempre più numerose comunità di indiani e pakistani presenti sul territorio.
“Ho iniziato a coltivare questi prodotti in serra, dove potevo ricreare le condizioni climatiche dei Paesi di origine, ovvero un’alta umidità e temperature elevate, solo in seguito le ho adattate al pieno campo – dice Bonioli – e ogni anno aggiungo nuove varietà orticole”.


Karela

Al momento Bonioli collabora con l’azienda agricola Daniele Mantovani di Ostellato (Ferrara) e con l’azienda agricola Talassi Gabriele di Sermide (Mantova).
“Mantovani ha iniziato quest’anno a mettersi in gioco con queste nuove referenze: ad oggi può contare su una coltivazione in campo aperto estesa su 3500 metri quadrati. La superficie non è grande, considerato che le 5mila piante hanno continuamente bisogno di manodopera specializzata. A giorni semineremo anche coriandolo e fieno greco: cerchiamo sempre di aggiungere nuovi articoli per offrire una gamma sempre più completa ai nostri clienti”.
E aggiunge: “L’azienda Talassi si concentra invece sulla produzione dei prodotti precoci tramite le sue 25 serre distribuite su 8mila metri quadrati. Ho preso accordi con entrambe le aziende per assicurare una continuità di produzione: la produzione in serra inizia a maggio e continua fino ad ottobre, mentre quella in campo aperto finisce a novembre”.
“Tramite la coltivazione in serra di Talassi – continua – una volta terminata la produzione invernale, posso trapiantare nuove colture asiatiche tipicamente invernali come il cavolo cinese e la rapa indiana”.


Tinda

Bonioli specifica: “Ho scelto queste aziende non a caso ma perché sono realmente interessate a nuove colture e disponibili a sperimentare prodotti innovativi, che significa possedere la giusta elasticità per poter adattare nuove tecniche a queste colture. Per coltivare prodotti stranieri serve una discreta apertura mentale e grande attenzione verso le piante: solo così si possono comprendere eventuali patologie e individuare possibili trattamenti, basta ricordare che queste colture non hanno storicità in Italia e nessuno sa come coltivarle”.

I semi di tutti gli ortaggi coltivati sono certificati e arrivano dall’America. “Quest’anno sono rimasti in dogana per oltre un mese perché dovevo giustificare che tipo di piante fossero e per evitare una possibile introduzione di parassiti o altre tipologie sconosciute” dice il tecnico.
Ad occuparsi della loro germinazione e della produzione delle piante è stato un vivaista accreditato, tramite l’utilizzo di serre riscaldate. “Quando siamo andati a trapiantare sotto serra a metà marzo - sottolinea Bonioli - abbiamo riscaldato il substrato terreno per evitare shock tra la produzione in vivai e il trapianto in serra fredda. Abbiamo utilizzato solo tecniche naturali e nessun tipo di combustibili fossili, oltre ad impollinatori naturali come api e bombi. La ricerca del microclima perfetto continua, con l’obiettivo di aggiungere varietà e in futuro creare un punto vendita specializzato”.


Habanero

Sui canali di distribuzione, l'esperto commenta: “I prodotti vengono consegnati direttamente alle comunità straniere di Modena, Reggio Emilia, Bologna, Parma e Mantova. Oltre alla vendita al dettaglio, stiamo provando ad inserire questi prodotti anche sui mercati all’ingrosso di Genova, Milano e Verona. Per il futuro ci piacerebbe collaborare anche con le catene della Gdo delle grandi città, dove le comunità straniere sono decisamente più sviluppate. Siamo anche alla ricerca di nuovi packaging che possano valorizzare questi prodotti: per ora il format più utilizzato sono le cassette da 4 chilogrammi”. 


La coltivazione di Okra

E conclude: “Abbiamo provato a spostare il mercato sulla clientela italiana, ma finora abbiamo avuto scarsi risultati, a parte qualche curioso determinato ad assaggiare le novità. Gli italiani si dimostrano molto tradizionalisti nella scelta dei prodotti ortofrutticoli, perché hanno difficoltà nel cucinarli, dato che servono metodi specifici. Fa tutto parte del processo di integrazione: la comprensione dei popoli inizia a tavola, con la conoscenza dei prodotti e la condivisione di esperienze sensoriali”.

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