«La produzione non può pagare il conto e non avere benefici»

Rapporti di filiera e pratiche sleali: confronto all'Italian Fruit Village

«La produzione non può pagare il conto e non avere benefici»
“Attraverso un'aggregazione di filiera si può cercare di equilibrare i rapporti tra produzione e Gdo europea, che negli ultimi anni ha proceduto ad accorpamenti e fusioni mentre il mondo agricolo resta frammentato. Aggregare, fare filiera e avere il controllo della produzione: questo dobbiamo fare”. Così il presidente di Confagricoltura Salerno, Antonio Costantino ha aperto l'incontro “Art. 62 – La concorrenza, opportunità per le aziende?” che si è tenuto ieri a Fruit Logistica, nell'ambito dell'Italian Fruit Village.

A confrontarsi sono stati l'eurodeputato Paolo De Castro, il presidente nazionale di Confagricoltura Massimiliano Giansanti e il presidente di Fruitimprese Marco Salvi.

“Poche settimane fa il Consiglio dei ministri ha già deliberato alla prossima Legge comunitaria il recepimento della Direttiva per le pratiche commerciali sleali - ha esordito De Castro - Il passaggio nel Parlamento può dare indicazioni aggiuntive, rispetto alle 16 pratiche commerciali sleali già previste, e in Italia credo si aggiungerà il divieto delle aste a doppio ribasso. Ma stiamo attenti alla fantasia di certi parlamenti nazionali e a non creare difficoltà: questa direttiva è stata fortemente osteggiata da una parte della filiera. Finalmente siamo all'atto finale e può diventare una norma recepita nel nostro ordinamento. Il titolo di questo incontro è fondamentale: l'Italia ha già l'Articolo 62 e la domanda che dobbiamo porci tutti è perché non ha funzionato? In cinque anni ci sono stati solo tre casi attenzionali dall'Antitrust e solo uno è stato condannato. Per fare un esempio, con le normative nazionali di Francia e Spagna, loro ogni anno raccolgono centinaia di denunce da parte dei fornitori sulle pratiche sleali. Non dobbiamo commettere l'errore di allora: cioè affidare tutto all'Antitrust, che si occupa di mille cose e non ha né uomini né mezzi per gestire un front desk di questa portata. La buona notizia è che nel parere che Montecitorio aveva espresso sulla direttiva prima di andare in Gazzetta Ufficiale, c'è un giudizio positivo e un voto all'unanimità. Vista la complessità politica che viviamo non è un dato da poco. Scegliamo un'autorità che abbia numeri e persone per fare questi controlli: l'Ispettorato Controllo Qualità del Ministero dell'Agricoltura. Se la sapremo applicare bene - conclude De Castro - questa direttiva è destinata a cambiare i rapporti di filiera in maniera epocale. E' evidente che come tutte le novità andrà testata ed eventualmente aggiustata da un punto di vista legislativo".



Massimiliano Giansanti ha analizzato il tema ricordando l'indagine dell'Adm sulla distribuzione del valore aggiunto nella filiera agroalimentare. "Cinque anni fa gli anelli deboli erano industria e agricolura, ora sono agricoltura e distribuzione. Il minimo comune denominatore è sempre l'agricoltura, che rimane anello debole della filiera. In una filiera performante c'è spazio per tutti, ma a cascata ciò che arriva all'agricoltura è sempre poco. Se le cose vanno male, l'ultimo anello è quello che non riesce a scaricare le frizioni della filiera. La Direttiva spero venga approvata il prima possibile, perché garantirà il corretto funzionamento della filiera. La riflessione di fondo è un'altra: è questa filiera in grado di creare valore aggiunto per tutti gli attori della che ne fanno parte? Serve una filiera che fa squadra, che crea valore aggiunto e lo distribuisce in maniera più equa. Ben venga la Direttiva, ben vengano i controlli, ma aspettiamo con impazienza un patto tra tutti gli attori della filiera ortofrutticola perché solamente dalla capacità di fare squadra e sistema troveremo delle soluzioni".

"La parte agricola non può pagare il conto e non avere benefici - ha detto Marco Salvi - Ognuno deve ritornare a svolgere il proprio ruolo: questa Direttiva deve tenere conto anche di un'altra grande trasformazione a livello comunitario, quella del Green Deal. C'è un altro tema che andrebbe considerato nelle pratiche sleali: quello dei contratti imposti. E poi si è recentemente introdotta una gestione degli imballaggi che prima non c'era. E ancora la questione dei residui ammessi: c'è una legge comunitaria che li prevede, e oggi ogni catena ti chiede un vestito su misura. Il Green Deal ritengo sia una occasione per definire certificazioni che lo siano a livello comunitario - conclude il numero uno di Fruitimprese - poche, chiare e valide per tutti".

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