Nocciole, prezzi all'insù ma c'è poco da stare allegri

Lo scenario competitivo si fa preoccupante. Cosa è lecito attendersi dal mercato

Nocciole, prezzi all'insù ma c'è poco da stare allegri
Il prezzo delle nocciole quest’anno viaggia verso l’alto ed in parte ripaga i corilicoltori italiani colpiti da una mancata produzione che, stando a stime d’ambiente, si aggira intorno al 50%. Tutto bene dunque? Neanche per sogno. Perché i dati di mercato di questi giorni sono solo l’esito di una storia che rappresenta in modo plastico la fragilità dei mercati interni italiani quando un bene – nel caso di specie la nocciola – è dominato da interessi e spinte molto lontani dai confini nazionali e che non sempre hanno a che vedere con il mondo della produzione e della trasformazione delle derrate agroalimentari.

Perché alla base dell’onda rialzista che ha percorso i mercati internazionali della nocciola - che oggi è sotto gli occhi di tutti - c’è una errata previsione produttiva andata in scena al World nut and dried fruit congress tenutosi a Boca Raton in Florida, tra il 23 ed il 25 maggio scorso, e che dava la produzione mondiale 2019 a 1,1 milioni di tonnellate, circostanza poi non verificatasi, per le notevoli perdite produttive occorse sia in Turchia, principale produttore mondiale, accreditato a 770mila tonnellate, che in Italia, accreditata a 90mila tonnellate.

Ma su tale previsione - almeno da giugno in avanti - saranno poi stipulati molti contratti internazionali a consegna differita, che hanno inizialmente depresso i prezzi - sia in Turchia che in Italia, visto che le previsioni davano un’offerta totale 2019 (produzione agricola + stock iniziali) superiore alla domanda mondiale, che, come noto, è in aumento negli ultimi anni. E tutto questo è avvenuto nonostante la scarsità di prodotto iniziasse a materializzarsi sin dai primi di settembre.  

I prezzi, per altro, a questo punto, dopo una decisa ripresa, potrebbero salire ancora, per effetto del perdurare del rimbalzo tecnico dato dalle numerose consegne a prezzi da saldo effettuate da tanti operatori, che ora stanno cercando immancabilmente di rifarsi.

I prezzi in Italia
Inizialmente i prezzi all’origine in Italia, quando ormai era chiaro l’esito negativo dell’annata agraria, erano comunque bassi. Oggi all’origine le principali piazze italiane rilevate da Ismea alle condizioni di “Franco magazzino – partenza” hanno prezzi ben più sostenuti, anche se non elevatissimi, e che mantengono la consueta struttura: più elevati al Nord e dove meglio operano le cooperative, più bassi al Sud, specie dove i corilicoltori in prevalente solitudine si scontrano a mani nude con il mercato.

A Cuneo, la nocciola Tonda gentile trilobata di 1° qualità viene rilevata il 28 novembre 2019 tra i 4,30 ed i 4,60 euro al chilogrammo. Su pari livelli qualitativi e nella stessa data, a Salerno la Tonda di Giffoni è rilevata all’origine dall’Istituto a 3,30–3,50 euro al chilogrammo. Nocciole importanti, con mercati di alta qualità, che poi all’ingrosso vedono i prezzi decollare ulteriormente. Sempre in tema di nocciole tonde a Viterbo la Romana di prima qualità si attesta il 25 novembre tra i 2,80 sui minimi ed i 3,00 euro al chilogrammo. Ad Avellino, invece, classica produzione campana, sia la Lunga San Giovanni che la Tonda di Avellino si attestano il 28 novembre a 2,60–2,80.

Queste ultime due binate sono prezzi all’origine di nocciole italiane, ma quasi si sovrappongono ai prezzi di mercato all’ingrosso misurati  il 6 dicembre in Turchia, che ha trainato al rialzo le quotazioni delle borse merci anche in Italia, assicurando un po’ di ossigeno anche ai corilicoltori italiani.
 
L’evoluzione dei prezzi in Turchia
L’evoluzione dei prezzi in Turchia è ben sintetizzata dal prezzo massimo di mercato delle nocciole di Fatsa, città sul Mar Nero: qui tra i primi di settembre e i primi di ottobre i prezzi sono stati in altalena, ma sempre compresi tra le 16,50 e le 16,90 lire turche al chilogrammo, con un solo picco a 17 lire registrato il 19 ottobre. Fluttuazioni influenzate anche dai cambi, ma su cui sembrano aver pesato le vendite a prezzi bassi degli operatori sui mercati internazionali, che hanno tenuto tutti prezzi di acquisto in Turchia molto bassi, comportandosi alla stregua di un cartello, ma in realtà non erano nelle condizioni di comprare a prezzi maggiori, per via degli impegni assunti da giugno in avanti.

I prezzi poi - sotto la spinta dell’offerta, oggettivamente più limitata, con la Turchia che ha prodotto meno di 600mila tonnellate - pian piano iniziano a risalire, per raggiungere il 6 dicembre le 18,50 lire turche, che al cambio del 9 dicembre scorso, sono 2,87 euro al chilogrammo: sette centesimi sopra il prezzo minimo della Tonda romana a Viterbo rilevato il 25 novembre, appena 7 centesimi sopra il prezzo massimo registrato più di recente il 28 novembre ad Avellino. Si tratta di differenze di prezzo minime, e che sicuramente in questo caso sono prevalentemente influenzate dalle differenze tra i cambi delle due divise tra le diverse giornate oggetto di questi paragoni, che sono forniti a puro titolo di esempio.
 
Cosa è lecito attendersi dal mercato
E’ intanto possibile che la situazione si stabilizzi: i prezzi turchi delle nocciole di Fatsa stazionano dal 26 novembre intorno alle 18,5 lire turche al chilogrammo, seppur con un’impennata su quota 19 lire, registrata tra il 29 novembre ed il 2 dicembre. Ma è pur vero che i mercati di una commodity hanno un andamento crescente verso fine campagna commerciale, man mano che le scorte sui mercati si assottigliano e non sono ancora note le previsioni di raccolta dell’annata agraria successiva. In questa fase di mercato non possono escludersi ulteriori rialzi, che avrebbero in molti casi innesco puramente speculativo.
 
Autore: Mimmo Pelagalli

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