«L'ortofrutta italiana deve riconquistare la scena»

Renzo Piraccini: vi spiego perché il Macfrut è strategico e può dare un grande contributo

«L'ortofrutta italiana deve riconquistare la scena»
Non è questione di piantare una bandierina, ma di strategia. In un mondo globalizzato che viaggia alla velocità della luce, avere una propria fiera di settore può fare la differenza sul mercato.

"Se tutti gli operatori ortofrutticoli italiani capissero l’importanza di una grande vetrina internazionale del settore, potremmo fare molto meglio. Nell’interesse di tutta la filiera", sottolinea Renzo Piraccini, presidente di Cesena Fiera, la public company (40% capitale pubblico e 60% privato) che organizza Macfrut. La fiera italiana dell'ortofrutta traina il bilancio dell'ente fieristico, che lunedì ha presentato il preconsuntivo 2019 e il preventivo 2020: il fatturato ha toccato quota 5 milioni 326mila euro, con un utile lordo di 234 mila euro e un utile netto di esercizio di 160 mila euro. Positive anche le prospettive del 2020, si prevede un ulteriore incremento di fatturato e utile. Negli ultimi cinque anni, la società ha registrato una crescita costante che ha portato a quasi il raddoppio del fatturato passato da 2,8 milioni di euro nel 2014, agli attuali 5,3 milioni.



Presidente, ad oggi il Macfrut come si colloca nel panorama internazionale delle fiere di settore?
Delle tre fiere europee noi siamo la più piccola in termini dimensionali, ma abbiamo scelto la strada di essere diversi: siamo una fiera di filiera, gli altri sono grandi eventi di prodotto. C'è un rilevante interesse da parte delle aziende di medie dimensioni che vengono al Macfrut per fare business, ma anche per visionare macchinari, imballaggi, avere contatti con la logistica... E poi la tecnologia, da sempre punto di forza della nostra fiera. E non è un caso che delle imprese delle tecnologie non manca mai nessuno, mentre abbiamo ancora delle aree dove possiamo crescere in Italia, come quella della produzione.

Qual è la barriera che andrebbe superata? Il sistema non coglie delle opportunità?
Analizziamo l'export italiano: mele e kiwi sono tra i prodotti più rappresentativi. E non a caso gli operatori di queste filiere sono presenti in massa al Macrut, ci sarà un motivo? Anche l'uva da tavola è un prodotto importante dell'export, ma su questa filiera abbiamo necessità di migliorare. Bisogna sviluppare una consapevolezza diffusa dell'importanza di riconquistare la scena, anche a livello di immagine, e ripartire dalle nostre eccellenze.



L'Italia ortofrutticola è ancora competitiva?
Ci sono fattori che minano la competitività, ma bisogna fare un'analisi. Il costo della manodopera è elevato? I trasporti appesantiscono le imprese? Le tariffe energetiche sono superiori? Bene, bisogna spingere affinché si intervenga su questi aspetti. Però ci sono filiere, come quella melicola, dove si è investito in tecnologia che sono competitive. Dobbiamo puntare sulle nostre eccellenze e fare in modo che le imprese efficienti lo diventino ancora di più: il mercato internazionale è fatto per soggetti efficienti e competitivi. Noi come fiera possiamo dare un grande contributo: ma il gioco in difesa non paga, e lo vediamo sugli ortaggi. Dalla Spagna importiamo tanto prodotto, perché alla fine non è vero che il piccolo è bello: il piccolo spesso è poco specializzato e poco efficiente.

E come si pone il Macfrut davanti alla nuove sfide del settore?
Il Macfrut è sempre più un hub per l'ortofrutta. Lo ha detto anche il presidente di Coldiretti durante gli Stati Generali dell'Ortofrutta (clicca qui per leggere l'articolo): per l'Italia è strategico avere una sua importante vetrina ortofrutticola, perché i buyer non li dobbiamo incontrare in giro per il mondo ma portarli in Italia. Lo so che è difficile, ma il percorso è questo: se ci fosse maggior convinzione che da soli non si va da nessuna parte, l'Italia ortofrutticola potrebbe tornare protagonista, almeno in alcune filiere le condizioni ci sono. Però questo non avviene a caso, ma solo seguendo una strategia. Mi spiace costatare che ci sono diverse aziende della produzione che non condividono questa strategia, che pensano di farcela da soli, che preferiscono Berlino e Madrid... Per carità, un'impresa deve andare nelle fiere che ritiene migliori, ma così non si fa sistema. Noi continuiamo a puntare sull'internazionalizzazione, fare un'edizione 2020 ulteriormente in crescita, soprattutto sul fronte degli operatori stranieri: abbiamo molte new entry, dai Paesi dall'Asia Centrale a quelli africani e sudamericani, player centrali della globalizzazione del settore.



Perché il Macfrut è interessante agli occhi di questi operatori?
Vedono nell'Italia, e nel Macfrut, un hub strategico per il loro business. E poi il Nord-Est può essere la nostra grande piattaforma logistica per l'Europa orientale, che non ha sbocchi sul mare ed è più vicina a Trieste che a Rotterdam.

Tra le novità del 2020 c'è l'apertura al mondo delle spezie e delle erbe officinali. Qual è l'obiettivo?
L'idea devo dire che non è stata nostra, ma ci è stato proposto questo spazio perché in Europa non esiste un punto di incontro per gli operatori delle spezie. Un settore molto vicino all'ortofrutta, nei mercati all'ingrosso ci sono spesso operatori che trattano spezie: invito il mondo dell'ingrosso a guardare questo comparto in grande sviluppo. Il mondo delle officinali è piccolo ma dinamico e anche qui vogliamo fare un salone di filiera, dal prodotto alle tecnologie. E' una prima edizione ma siamo intenzionati a spingere su questi comparti, anche perché i nostri partner sono Cannamela e la Federazione italiana produttori di piante officinali e verrà presentato anche un Osservatorio su spezie ed erbe a cura dell'Ismea, che diventerà un appuntamento annuale per fare il punto sul settore.

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