Slow Food si schiera contro l'utilizzo del glifosato

Slow Food si schiera contro l'utilizzo del glifosato
Slow Food invita tutti i paesi membri dell’Unione Europea a seguire l’esempio dell’Austria e della Germania, che hanno preso impegni concreti per mettere fuori legge il glifosato
Sono passati due anni da quando la Commissione europea ha stabilito di rinnovare l’autorizzazione all’uso del glifosato per altri cinque anni, cioè fino al dicembre del 2022. 
Quella decisione è stata assunta nonostante nel 2017 il Parlamento europeo avesse votato la messa al bando di una sostanza chimica individuata come “probabilmente cancerogena per l’essere umano” dall’agenzia per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms). 

L’opinione pubblica è sempre più inquieta per le possibili ricadute mediche del glifosato e di prodotti simili utilizzati in agricoltura, per cui il momento è propizio: occorre fare in modo che nel 2022 l’autorizzazione non venga prolungata di nuovo ed esercitare pressioni sull’Ue per ottenere la definitiva messa al bando di questo prodotto chimico.
 
In prima linea nella lotta contro il glifosato
In luglio il Consiglio nazionale o “camera bassa” dell’assemblea nazionale austriaca ha approvato una mozione che prevede la totale messa al bando dell’erbicida glifosato a partire dal gennaio del 2020. A meno che il consiglio federale austriaco sollevi obiezioni in merito, il disegno di legge verrà firmato dal presidente ed entrerà in vigore a tutti gli effetti. Il varo di quelle disposizioni farebbe dell’Austria il primo paese Ue a bandire senza riserve l’uso del glifosato. Il problema è che ai sensi della direttiva sulla trasparenza del mercato unico il regolamento Ue obbliga gli Stati membri a trasmettere alla Commissione europea una bozza di tutti i regolamenti tecnici prima che possano venire approvati e quindi integrati al corpus legislativo nazionale. Per cui ora i gruppi di interesse legati all’agricoltura industriale e le grandi società agrochimiche come Bayer-Monsanto si stanno attivando per indurre la Commissione europea a bloccare il progetto di legge austriaco, sostenendo che “contravviene alle procedure Ue”. La Commissione europea ha tempo fino al 29 novembre per approvare o respingere la decisione dell’Austria. Slow Food è una delle organizzazioni che appoggiano la decisione del parlamento austriaco e fanno appello alla Commissione europea per invitarla a non cedere alle pressioni dei lobbisti.
 
In settembre la Germania è stato il secondo Paese europeo a bandire senza restrizioni l’uso del glifosato. In questo caso, però, l’iter legislativo sarà probabilmente diverso e le istituzioni nazionali non dovranno confrontarsi con le procedure europee, perché la misura entrerà in vigore sul finire del 2023, cioè dopo la scadenza della proroga che attualmente autorizza ancora l’uso del glifosato in Europa. Nel frattempo il governo tedesco ha convenuto di mettere fuori legge il glifosato entro l’anno prossimo quantomeno nei parchi cittadini e nei giardini negli orti domestici, oltre a regolamentare il suo utilizzo nelle aree di elevata biodiversità. 
“Sempre più spesso le autorità locali e nazionali, decise a renderci finalmente indipendenti dal glifosato, si impegnano in quel senso senza attendere che la Commissione europea si decida a prendere atto delle inquietudini dei cittadini e delle istituzioni scientifiche, preoccupate per gli effetti potenzialmente nocivi del glifosato sulla salute dei cittadini e specialmente dei coltivatori” ha dichiarato Ursula Hudson, presidente di Slow Food Germania. 
“Nel 2017 la Commissione europea aveva assicurato che gli Stati membri avrebbero comunque avuto il diritto di bandire il glifosato per iniziativa propria, senza soggiacere a restrizioni. Per cui ora è dovere della Commissione europea rispettare la decisione del parlamento austriaco e non ostacolare la ratifica della disposizione sulla messa al bando del prodotto. Se quella misura passasse, tra le altre cose, si verrebbe a creare un precedente che potrebbe indicare la via ad altri Paesi europei.”
 
Anche la Repubblica ceca, l’Italia, l’Olanda e Malta, seguendo l’esempio dell’Austria e della Germania, hanno introdotto restrizioni parziali sull’uso del glifosato nei rispettivi territori nazionali. In Francia il presidente Macron si è impegnato in un primo tempo a dichiarare fuori legge il glifosato entro il 2021, salvo poi fare marcia indietro e ritrattare quelle prime dichiarazioni, invocando la necessità di una fase di transizione per consentire ai coltivatori di rendersi progressivamente indipendenti dall’uso dell’erbicida. Nonostante la legislazione francese non abbia ancora vietato del tutto l’uso del glifosato, però, non è già più consentito servirsene negli spazi pubblici o a titolo individuale. Sul finire di agosto, peraltro, venti sindaci francesi hanno stabilito di concerto di bandire il glifosato dai territori delle loro amministrazioni municipali, senza attendere il pronunciamento del legislatore nazionale. Anche la Danimarca, il Belgio, il Lussemburgo, il Portogallo e la Spagna hanno introdotto limitazioni in merito.
 
Far sentire la voce del parlamento e dei cittadini
Tenuto conto delle forti pressioni dal basso, la Commissione europea ha tutto l’interesse a riconoscere il diritto di uno Stato membro a vietare o regolamentare l’uso del glifosato: in caso contrario darebbe l’impressione di voler ostacolare il processo democratico. Slow Food nutre forti riserve nei confronti di un meccanismo che rimette in modo unilaterale le sorti delle procedure decisionali al verdetto della Commissione quando sono in gioco problemi tecnici, ma soprattutto politici, sui quali gli Stati membri non sono riusciti a maturare un consenso. Le procedure di comitatologia riducono il ruolo istituzionale del Parlamento europeo a funzioni meramente simboliche.
Il caso del glifosato ha dimostrato in modo lampante i rischi della comitatologia europea. 
Due anni fa il Parlamento ha deciso la totale messa fuori legge del glifosato entro il dicembre del 2022, con restrizioni dalla decorrenza immediata sull’uso della sostanza. All’epoca, di fronte alle discrepanze tra le conclusioni raggiunte dall’Agenzia dell’Oms e dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare e l’agenzia europea delle sostanze chimiche in merito ai rischi del glifosato per la salute, vari parlamentari europei hanno espresso riserve sul protocollo di valutazione del rischio in uso nell’Ue. Quella risoluzione, non vincolante, è stata adottata per 355 voti a favore contro 204, con 111 astenuti, ma i poteri del parlamento si esaurivano in quel voto. “Per il bene del processo democratico europeo è vitale che tutte le istituzioni e tutti i cittadini possano far sentire la propria voce. Una decisione così importante che concerne la salute della popolazione mondiale non può essere presa se non sulla base di un consenso ad ampio raggio, esteso anche alle istituzioni scientifiche. È assurdo che due agenzie specializzate giungano a conclusioni del tutto diverse. La Commissione europea e gli Stati membri hanno dato credito a una valutazione che si è poi rivelata una copia pedissequa di rapporti riconducibili a Monsanto. Scivoloni del genere mettono a repentaglio la credibilità delle istituzioni Ue e allontanano i cittadini dal progetto europeo” ha aggiunto Hudson.

Nel 2017 la Commissione europea non ha soltanto scelto di non ascoltare la voce del Parlamento europeo, ma ha completamente ignorato l’iniziativa civile “Stop Glyphosate, sostenuto da oltre un milione di cittadini europei, tra cui Slow Food. I requisiti previsti dal Diritto di iniziativa dei cittadini europei (Ice) erano stati soddisfatti, eppure la Commissione europea ha risposto che non esistevano ragioni scientifiche o giuridiche cogenti per procedere alla messa al bando del glifosato. Slow Food ritiene invece che la Commissione abbia l’obbligo assoluto di tenere conto della volontà espressa dai cittadini, dal Parlamento europeo e ora dal legislatore austriaco.
 
Il gigante Bayer-Monsanto: alle spalle dei gruppi di pressione
Il glifosato è stato messo a punto negli anni Settanta da Monsanto, che di recente si è fusa con Bayer, dando vita al marchio Roundup. Oggi la formula non è più protetta da un brevetto e viene prodotta in tutto il mondo da decine di altri gruppi chimici, anche se la versione Roundup rimane la più diffusa e meglio distribuita, sia per i coltivatori che per i privati cittadini. L’uso del glifosato ha iniziato a destare serie preoccupazioni quando l’agenzia dell’Oms per la ricerca sul cancro ha dichiarato che il glifosato, pur classificato in passato come sostanza chimica di moderata tossicità, è “probabilmente cancerogeno per l’essere umano”. 

Negli Stati Uniti Bayer-Monsanto ha migliaia di cause in corso per via degli effetti dell’erbicida sulla salute. Slow Food ritiene che bandire il composto in tutta Europa sia una misura tanto necessaria quanto urgente. Il ricorso abituale alle sostanze chimiche non rischia solo di compromettere la buona salute dei cittadini, coltivatori in primis, ma è anche tossico per la biodiversità e l’ecosistema nel suo complesso. Mentre in parallelo la ricerca conferma in modo sempre più unanime l’efficacia dei metodi agroecologici sostenibili basati su input naturali come quelli praticati dai coltivatori legati a Slow Food, che rappresentano quindi delle valide alternative a un’agricoltura dipendente dal glifosato. 

Fonte: Ufficio stampa Slow Food