«Lurisia alla Coca Cola, una scelta scellerata»

«Lurisia alla Coca Cola, una scelta scellerata»
Eataly ha ceduto le storiche acque minerali e il chinotto piemontesi alla multinazionale per eccellenza, cioé la Coca Cola, un'operazione da 88 milioni di euro
Eataty, che deteneva la proprietà delle acque Lurisia e del Chinotto di Savona, dopo aver realizzato il rilancio dello storico marchio piemontese, ha ceduto probabilmente uno dei rami più importanti e strategici dell'azienda. 

Una scelta, quella di Oscar Farinetti, 'scellerata' ed incoerente secondo Siamo Impresa Agricoltura, che crede fermamente nell'importanza del made in Italy e promuove le eccellenze che contraddistinguono il nostro Paese. 
La notizia non poteva che far scalpore, se si pensa che nei punti vendita Eataly da sempre non si vende Coca-Cola in nome dell’italianità. 

"Inutile - dice Domenico Cosentino, presidente di Siamo Impresa Agricoltura - celarsi ora dietro un nuovo significato di made in Italy che avrebbe addirittura spinto l'imprenditore all'azione per il bene dell'Italia. Fa sorridere sinceramente, perché poco credibile nei contenuti un Farinetti che si giustifica dalle critiche dicendo: 'Non ho venduto l'anima al diavolo. La cessione della Lurisia a Coca-Cola è un'ottima notizia per l'Italia. Le multinazionali non vanno demonizzate e bisogna lavorare con loro perché si comportino meglio'”.

Domenico Cosentino, così come ha già fatto Carlo Petrini di Slow Food, ci tiene a prendere le distanze dall'operazione di cessione e di acquisizione da parte della Cola Cola. 
"Non crediamo - dice il presidente di Siamo Impresa Agricoltura - nella favola della non delocalizzazione e nella salvaguardia dello stile e delle radici tricolori del marchio. Quel che oggi vediamo oggettivamente è una scelta personale, legittima, e certamente redditizia per Farinetti, che è pur sempre un imprenditore e fa giustamente i suoi interessi, ma che non può passare assolutamente per la promozione oltreoceano del made in Italy”.

Fonte: Ufficio stampa Siamo Impresa Agricoltura Fenapi