Ecco gli agri-tessuti che fanno bene all’ambiente

Ecco gli agri-tessuti che fanno bene all’ambiente

Colorare vestiti e accessori utilizzando tinte 100% naturali realizzate con gli scarti agricoli, come le foglie del carciofo bianco, le “tuniche” delle cipolle ramate, le scorze del melograno, i ricci del castagno o i residui di potatura del ciliegio e dell’ulivo. E’ solo una delle best practice protagoniste dell’iniziativa di Donne in Campo Cia-Agricoltori Italiani e Ispra, dedicata agli agri-tessuti che fanno bene all’ambiente, tenutasi ieri a Roma all’Auditorium Giuseppe Avolio.

Storie di eccellenza green, come portare in passerella, per la prima volta, una collezione moda di abiti di origine forestale, prodotti da filati di cipresso, pelle di fungo e tessuti in sughero, eucalipto e faggio, conquistando così un posto d’onore al Palazzo di vetro delle Nazioni Unite di New York. O anche creare il primo allevamento di alpaca in Italia, costruendo una filiera completa dell’agro-tessile, che parte dal gregge, passa per la tosatura e filatura della lana e arriva fino al confezionamento di maglioni, sciarpe e coperte.

L’evento nasce da un questionario ad hoc, condotto dalle due organizzazioni, sulla produzione sostenibile di fibre e tessuti da fonti naturali e di recupero, i cui risultati hanno dato vita al volume “Filare, tessere, colorare, creare. Storie di sostenibilità, passione ed eccellenza”, presentato all’incontro, che raccoglie i “campioni” italiani del settore, esempi di biodiversità, innovazione ed economia circolare.

Come chiede l’Onu nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile - spiegano Donne in Campo di Cia e Ispra - bisogna costruire nuovi sistemi di produzione a minore impatto ambientale. Oggi una maglietta richiede, in media, 2.700 litri d’acqua per essere prodotta, genera elevate emissioni di CO2 e utilizza soprattutto fibre e coloranti di sintesi. Di fronte a questo, considerato che la produzione mondiale di indumenti è destinata a crescere del 63% entro il 2030, le potenzialità di una filiera del tessile ecologicamente orientata sono enormi, fino a rappresentare il 20% del fatturato del settore in Italia (4,2 miliardi). D’altra parte, già ora il 55% degli italiani è disposto a pagare di più per capi di abbigliamento ecofriendly.

Sono tanti i vantaggi delle tinture naturali, collegate all’uso di fibre vegetali e animali (dalla lana alla seta, dal lino alla canapa). Si va incontro alle esigenze di una quota crescente di popolazione che avverte problemi di dermatiti allergiche da contatto dovute ai coloranti sintetici -sottolineano Donne in Campo Cia-Agricoltori Italiani e Ispra - Soprattutto, recuperando piante e scarti di coltivazione a uso tintorio, si contribuisce a riqualificare aree dismesse o degradate, e a consolidare i versanti, grazie all’elevato adattamento pedo-climatico, tutelando al contempo biodiversità e paesaggio. 



E’ quello che ha fatto, per esempio, un’archeologa tessitrice dell’Aquilano, che ha riscoperto un’antica varietà di lino autoctona, e le sue lavorazioni tradizionali, arrivando a confezionare il kilt donato a Carlo d’Inghilterra dal sindaco di Amatrice nella sua visita dopo il terremoto del Centro Italia. E poi c’è il riciclo, che trasforma il rifiuto in risorsa, come succede nel Consorzio biellese che raccoglie la lana grezza prodotta dagli allevamenti ovini da latte e da carne italiani e trasforma quello che è considerato un sottoprodotto da smaltire (con costose procedure) in filati di pregio, dopo processi di lavorazione e lavaggio con detergenti biologici e biodegradabili e tinte naturali.

“La vicinanza tra le donne e il tessere è vivissima, nella storia e ancora oggi, come testimonia il grande contributo del mondo femminile alla sostenibilità della filiera dei tessuti naturali, cui apportano valore aggiunto e spiccata sensibilità”, ha detto Pina Terenzi, presidente nazionale Donne in Campo di Cia-Agricoltori Italiani. Con questo evento, ha aggiunto rivolgendosi al sottosegretario alle Politiche agricole Alessandra Pesce, ospite dell’iniziativa, “chiediamo di avviare con il Mipaaft e i Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, in collaborazione con l’Ispra, un percorso condiviso e partecipato per la costituzione di tavoli di filiera a sostegno della produzione certificata di fibre naturali per la produzione di agri-tessuti”.

“Le testimonianze di oggi, le buone pratiche rappresentate da agricoltori e artigiani -ha aggiunto Lorenzo Ciccarese, responsabile dell’Area per la protezione della biodiversità terrestre e per la gestione sostenibile dei sistemi agro-forestali dell’Ispra - sono esempi che promuovono la necessità di sviluppare nuovi sistemi di produzione agricola e zootecnica che possano avere un ruolo positivo nello sviluppo di processi di riduzione dell’inquinamento e di degrado ambientale, di riciclo delle risorse e di mitigazione dei cambiamenti climatici. La richiesta dell’Onu, di pensare oltre i modelli prevalenti e di vivere entro limiti sostenibili, è un messaggio che deve risuonare all’interno del business del tessile nel suo complesso, chiamato come gli altri settori a riformare se stesso: metodi di produzione più sostenibili, come l’uso di tinture che sprecano meno acqua, l'uso di rifiuti come materia prima e lo sviluppo di soluzioni innovative al problema dei rifiuti tessili”.

Fonte: Ufficio stampa Cia