Frutti dimenticati per il re dei distillati

Vittorio Capovilla testa centinaia di varietà prima di produrre grappe e brandy

Frutti dimenticati per il re dei distillati
“Ho provato a distillare quasi 150 delle oltre mille varietà di mele esistenti ma non tutte hanno centrato l'obiettivo che cerco nella distillazione, ossia il trasferimento integro dei profumi e del gusto della frutta nella bottiglia”. E’ racchiusa in questa frase la filosofia di Vittorio Gianni Capovilla, il “signore degli alambicchi” che - come ha spiegato in una recente intervista a Il Sole 24 ore - punta tutto sulla frutta per i suoi distillati che da Rosà, in provincia di Vicenza, raggiungono molti Paesi del mondo. Ci sono poche aziende che distillano frutta in modo artigianale, in Italia. Le realtà più significative sono infatti vere e proprie industrie. 

Quella di Capovilla è una produzione di nicchia (cinquantamila bottiglie), per metà destinata all’export, "firmata" da chi si cimenta nella distillazione a 360 gradi dopo aver lavorato in officina come meccanico delle auto da corsa. 



Capovilla distilla rum ai Caraibi, ha un’ampia gamma di prodotti che spaziano dalla grappa, al brandy. Ma distillare frutti dimenticati o rari è la sfida che più lo affascina e lo rende tra i più apprezzati professionisti del comparto.



“Ho iniziato a distillare per hobby e per passione, con un alambicco a bagnomaria da 60 litri comprato in Austria”, racconta. “Poi, dal 1986, è iniziata l'avventura professionale. Sempre seguendo la mia filosofia, che vuole avere solo dei fermentati come base, e la mia curiosità, che mi ha spinto a distillare un numero considerevole di varietà di frutta".



Distillati di ciliegie selvatiche, di bacche di sambuco, di corniole e di pere che hanno un comune “marchio di fabbrica”: “Io non aromatizzo una grappa o un alcol di partenza con un frutto o una bacca ma scelgo la frutta, la raccolgo, la trasformo in purea e solo dopo l'avvenuta fermentazione spontanea la distillo. È un processo totalmente differente che valuto appieno solo a distillazione finita. Non tutti i frutti si prestano alla distillazione, ma finché non provi non lo sai”.



La materia prima proviene prevalentemente da tre ettari coltivati con piante rare ma, anche, da “agricoltori che ci segnalano alberi da frutto interessanti”. “Il bello del nostro lavoro è la scoperta, la raccolta manuale della frutta, la trasformazione e la verifica del risultato finale”, conclude Capovilla nella sua intervista al Sole 24 Ore. “Ho scoperto questa passione quando viaggiavo per lavoro e mi occupavo di macchinari per l'enologia in Austria e in Germania, Paesi dove la distillazione della frutta è una pratica molto più popolare che da noi. E, infatti, qui in Italia, all'inizio è stata dura”. 

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