Manodopera, l'impatto sui costi di produzione

Agribologna: a rischio la competitività delle imprese orticole

Manodopera, l'impatto sui costi di produzione
La manodopera è uno dei costi più elevati nella voce di spesa dei produttori ortofrutticoli. Ma quanto impatta sul bilancio delle aziende altamente specializzate? Il Consorzio Agribologna, cooperativa con 130 soci italiani, risponde a questa domanda con la ricerca "Valori in campo: un prezzo equo per l'orticoltura" che ha quantificato l'incidenza della manodopera salariata sul costo totale di produzione di 17 aziende emiliano-romagnole che coltivano a orticole circa 485 ettari.

Dai risultati dello studio, presentato ieri a Bologna, alla presenza di Claudio Mazzini (responsabile Freschissimi Coop Italia) e Gianmarco Guernelli (responsabile ortofrutta Conad), emerge che il costo del lavoro pesa tantissimo: dal 42 al 47% per il cetriolo, dal 27 al 34% per la lattuga Gentile, dal 21 al 28% per la Romana, dal 21 al 31% per la Trocadero, dal 37 al 41% per la melanzana, dal 38 al 53% per la zucchina scura e dal 55 al 58% per quella chiara. Per la maggior parte di queste colture, poi, la parte preponderante del costo del lavoro fa riferimento alla fase di raccolta e confezionamento, e non a quella di "allevamento". 



Lo ricerca, condotta nei campi delle aziende e nei magazzini (1.600 ore di rilievi), è stata realizzata con l'utilizzo di personale tecnico interno alla cooperativa, supervisionato a livello metodologico dall'Università di Bologna. Tutti i calcoli sono stati effettuati prendendo come valore di partenza il costo orario legale dell'Emilia-Romagna (13,31 euro) e classificando il livello qualitativo offerto dalle singole aziende sulla base di quattro diversi standard: extra, prima qualità senza difetti, prima qualità con lievi difetti e seconda qualità. Il costo totale, inoltre, è dato dal costo di produzione maggiorato dell'8% (utile d'impresa).

Agribologna e Unibo, successivamente, hanno paragonato i costi medi di produzione dei vari prodotti con i prezzi medi all'ingrosso estratti da dati pubblici, evidenziando come i soci orticoltori, che operano nella totale legalità, si trovano però sempre più spesso a confrontarsi con quotazioni non sostenibili per fare reddito. 

"I nostri soci con il loro lavoro, difendono l'ambiente e il territorio, rischiano il loro capitale e producono altro lavoro in un contesto di economia virtuosa, ma non sempre sono premiati. Fra la produzione, la distribuzione e i consumatori si deve instaurare un rapporto fiduciario che nel lungo periodo porterà vantaggi a tutti", ha spiegato Lauro Guidi (nella foto di apertura), presidente di Agribologna presentando i due obiettivi della ricerca: "Misurare il tasso efficienza delle aziende agricole in alcune pratiche agronomiche fondamentali, e misurare la redditività generata dalle aziende stesse". 



Tra gli altri dati fondamentali emersi, le riflessioni sulla forza lavoro e le forme di conduzione aziendale: il campione vede praticamente scomparire la tradizionale famiglia coltivatrice e - con essa - il fattore di potenziale adattamento alle variazioni dei prezzi dei prodotti. Se è vero che il 35% del campione vede un ricambio generazionale, fortemente sostenuto dal Consorzio Agribologna, in linea con la tendenza del ritorno alla terra, è altresì vero che il 59% vede l’impiego di dipendenti salariati, il cui numero varia da uno a 20, a seconda delle dimensioni aziendali e della fase di produzione. Solo il 7% dei lavoratori agricoli, poi, sono di nazionalità italiana.

"Abbiamo acquisito - ha spiegato Marco Candini, responsabile qualità, ricerca e sviluppo di Agribologna - un bagaglio di conoscenze atte a favorire la collaborazione tra le imprese agricole e la diffusione dell'innovazione in una organizzazione di rete, al fine di sostenerne la competitività". 


Marco Candini

Sulla base dell’analisi, il Consorzio Agribologna ha concluso che il prezzo dei prodotti ortofrutticoli dovrebbe tenere conto di tutte le variabili di costo, per evitare di mettere a rischio non solo la competitività delle imprese, ma anche la sopravvivenza di tipicità ed eccellenze, come ad esempio la zucchina chiara di Bologna o la melanzana tonda. 

"Agribologna - ha aggiunto Giorgia Morara, assicurazione qualità di Agribologna - lavora per offrire la qualità totale a clienti e consumatori. La nostra proposta è quella di sostituire il termine qualità con quello di valore. Si potrebbe, infatti, dare valore al prodotto ortofrutticolo sulla base di un insieme di proprietà che sono proprie del prodotto, dei processi e soprattutto delle persone, fino alla sua distribuzione nel negozio, attribuendogli un nome, una marca e un prezzo che siano sinonimo di garanzia". 


Giorgia Morara

"Lo studio - ha commentato il curatore della ricerca, Luigi Vannini, professore Ordinario di Economia e Politica Agraria - ha inteso dare un contributo, per una valorizzazione commerciale che lasci al produttore un valore congruo che gli permetta di fare reddito e vivere. Ricerca e innovazione non bastano più per competere. Oggi più che mai, l’aspetto del prezzo deve essere commisurato all’aspetto qualitativo e prestazionale del prodotto stesso. È necessario, infatti, garantire contenuti aggiuntivi alla qualità, che potremmo definire plurima e sostenere un’equa individuazione del prezzo. La nostra orticoltura non può prescindere dal perseguire l’eccellenza qualitativa, dal forte legame con i territori e da contenuti distintivi che vanno individuati con chiarezza, riconosciuti e sostenuti". 


Copyright 2019 Italiafruit News