Noce, Crea e Regione Veneto gettano le basi per il rilancio

Dai portinnesti i primi risultati utili del progetto Port.Noc per il controllo di Phytophthora

Noce, Crea e Regione Veneto gettano le basi per il rilancio
Un convegno nazionale per suggellare la sinergia tra ricerca scientifica e nocicoltori specializzati. Lo hanno organizzato a fine novembre a Roma Crea e Regione Veneto per presentare i risultati preliminari del progetto pluriennale e multidisciplinare Port.Noc. Obiettivo principale della ricerca è selezionare le piante tolleranti gli attacchi di Phytophthora che assicurino progenie produttive, per salvaguardare e valorizzare la nocicoltura del nostro Paese e la qualità del prodotto italiano rispetto alla concorrenza straniera.

Veronica Bertoldo, responsabile del settore ortofrutticolo della Regione Veneto che ha moderato i lavori, ha fatto il punto sulla coltivazione del noce in Italia: “Dall’analisi dei dati 2018 si è rilevato un aumento in termini di numero di produttori e di ettari di superficie investita a noce da frutto rispetto all’anno prima, a dimostrazione anche di un crescente interesse rivolto a questa coltura da parte di produttori e consumatori. Parlando di nocicoltura specializzata da frutto di tipo intensivo, in cui le due varietà prevalentemente impiegate sono Lara e Chandler, sono interessati 4.865 produttori e 6.012 ettari. Le prime sei regioni per importanza a livello di superficie sono: Veneto (1.135 ha), Emilia Romagna (957 ha), Piemonte (610), Sicilia (550), Campania (511) e Calabria (389 ettari) che rappresentano il 70% della nocicoltura italiana”.

Dal generale al particolare, Alessandra Belisario del Crea-Difesa e certificazione (Dc) di Roma e coordinatrice del progetto Port.Noc, ha illustrato le ragioni alla base del progetto, vale a dire rispondere alle esigenze del mondo della produzione trovando portinnesti tolleranti a Phytophthora (in particolare P. cinnamomi che è la specie più diffusa e virulenta) e black-line, che minano la coltivazione del noce da frutto. Quattro le Unità operative di ricerca: Crea-Dc, Crea-Foreste e legno (Fl), Crea-Frutticoltura (Ofa), Cnr-Iret di Porano (Terni) coinvolte con l’azione di mediazione della Regione Veneto che si interfaccia con il Mipaaft e i portatori di interesse.



Ma, prima della presentazione dei risultati, Gregory Browne - ricercatore e patologo vegetale dell’Università di Davis, in California, che ha lavora sulla selezione di fonti di resistenza in specie di Juglans contro Phytophthora cinnamomi - ha parlato delle sfide legate agli attacchi da Phytophthora sul noce, dettagliando l’eziologia del patogeno e le strategie colturali e di miglioramento genetico. In particolare, Browne ha rimarcato l’attenzione sulla resistenza genetica in portinnesti di noce perché anni di lavoro hanno confermato la resistenza a Phytophthora cinnamomi nel portinnesto J. microcarpa x J. regia (‘RX1’).

I rappresentanti delle unità operative hanno quindi spiegato i principali risultati della loro attività. Innanzitutto, ricordando che – alla luce dei recenti studi pubblicati dall’Università di Davis della California - il materiale genetico di Juglans major e Juglans microcarpa messo a disposizione dal Crea-Fl è particolarmente prezioso per la ricerca di fonti tolleranti/resistenti a Phytophthora cinnamomi.
Riguardo diagnosi e genomica, sono state messe a punto metodiche che danno un quadro completo dell’infezione da Phytophthora negli areali contaminati o a rischio di contaminazione dove si coltiva il noce o dove si voglia metterlo a dimora.
A proposito del black-line - l’infezione del virus dell’accartocciamento fogliare del ciliegio (Clrv) che si manifesta quando un noce comune (Juglans regia) viene innestato su un portinnesto del gruppo dei noci neri – è stata ribadita l’impossibilità di attuare un controllo chimico diretto perché i principi attivi non sono disponibili o non sono ammessi dalle normative nazionali. Pertanto, solo le misure di tipo preventivo (quali l’impiego di materiale di moltiplicazione sano e, dove possibile, l’impiego di portinnesti tolleranti/resistenti sui quali Port.Noc sta lavorando) possono far fronte a tale patogeno. In particolare, sono stati individuati tre genotipi ibridi di J. major e due genotipi di J. microcarpa potenzialmente interessanti come portinnesti per la possibile tolleranza a Clrv su cui proseguire le osservazioni sintomatologiche e valutare le caratteristiche agronomiche in qualità di portinnesti.
Port.Noc, poi, sta lavorando su marcatori molecolari neutrali e funzionali per la selezione assistita di portinnesti di noce potenzialmente resistenti/tolleranti a Phytophthora e black-line, tanto che sono stati identificati i raggruppamenti specifici ai quali afferisce il materiale nocicolo presente al Crea-Fl e, a oggi, sono stati individuati alcuni figli di J. microcarpa e J. major con un buon livello di tolleranza a P. cinnamomi.
In più, sono stati definiti i protocolli di propagazione in vitro in J. microcarpa, J. major, dei loro ibridi con J. regia e in J. regia, la messa a punto di protocolli di microinnesto con cultivar di J. regia da utilizzare anche per valutare la suscettibilità al black-line e la messa a punto di protocolli per il risanamento di materiale di Juglans spp. infetto da Clrv mediante tecniche di colture in vitro.



Il progetto, peraltro, non trascura i possibili rischi per i noceti europei derivati dall’introduzione di scolitidi esotici, gruppo di specie invasive che può essere facilmente trasportato attraverso il commercio internazionale di prodotti legnosi. Specie che possono diventare aggressive fuori dall'areale di origine, come ad esempio Pityophthorus juglandis e Xyleborinus saxesenii. Un ruolo importante nell’innesco di problematiche fitosanitarie è svolto dai funghi veicolati dagli scolitidi. La soluzione migliore al problema è potenziare la capacità di intercettazione delle specie esotiche nei punti d’ingresso a rischio e svolgere una capillare attività di monitoraggio con l’impiego di trappole innescate con attrattivi efficaci ma, soprattutto, intercettare il legname infestato ancora all’interno dei container da parte di tecnici adeguatamente formati.

Il convegno ha rappresentato anche l’occasione per riepilogare la situazione a livello nazionale. Così, Enrico Bortolin, tra i primi a introdurre il metodo californiano in Veneto - dove sono presenti le uniche due Organizzazioni di produttori nocicole italiane (Op Nogalba di Rovigo e Op Il noceto di Treviso) – ha ricordato come l’elevata specializzazione sul noce sia stata possibile grazie alla collaborazione tra i produttori e tra questi e i ricercatori, soprattutto del Crea-Dc per le sfide legate alle malattie del frutto, come pure per gli ingenti danni da Phytophthora e black-line.
La Campania, invece, sta rinnovando la coltivazione del noce attraverso la diffusione di varietà, in particolare quelle californiane, a fruttificazione laterale più produttive e meglio remunerate rispetto alla tradizionale noce di Sorrento. La realizzazione di nuovi impianti con nuove cultivar adatte alle condizioni pedoclimatiche consentono di mantenere alti i livelli delle produzioni e la qualità del prodotto, ma, in questa regione, l’offerta risulta ancora molto frammentata e l’innovazione e il potenziamento della produzione ne determineranno il futuro della nocicoltura.
In Trentino, alla Fondazione Edmund Mach, i ricercatori sono al lavoro da circa un anno per tracciare il profilo genetico della noce del Bleggio e più in generale di quella trentina, con lo scopo di valorizzare e rilanciare questa coltura e quindi di creare una vera e propria carta di identità con uno stretto legame al territorio, anche a tutela del nostro Made in Italy. Il Progetto Noble (Noce del Bleggio) rappresenta un altro esempio di stretto connubio tra produzione e ricerca finalizzato a rilanciare la coltura del noce da frutto per renderla economicamente più redditizia.

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