Maltempo, Sicilia in ginocchio

Il Veneto, dopo l'apocalisse, inizia la conta dei danni. Ma resta l'allerta

Maltempo, Sicilia in ginocchio
Dopo una settimana tornare a scrivere dell’ennesima, eccezionale ondata di maltempo in Sicilia è penoso. Perché, dopo le piogge - e conseguenti esondazioni - che hanno provocato milioni di euro di danni nella parte sud-orientale dell’isola (e le stime sono ancora provvisorie), oggi si fanno i conti con una situazione simile nel Ragusano e, soprattutto, tra Palermo e Agrigento. Con l’aggravante, però, di dodici morti.
Tutto è cominciato (o ricominciato) venerdì, quando un violento temporale ha colpito il settore occidentale della Sicilia. Sciacca, i Monti Sicani e l’entroterra palermitano sono stati investiti in pieno da un’ondata di maltempo straordinaria. Tra Agrigento e Palermo le strade sono diventate subito impraticabili e la viabilità compromessa.



Ma è stato sabato che il maltempo ha dato il colpo di grazia. Agrigento, Sciacca, Licata, Menfi, ancora i Monti Sicani e l’intero comparto centro-occidentale della provincia di Palermo sono stati investiti da un’autentica tempesta. A Sciacca è esondato il torrente San Marco, vicino a Ribera alcuni corsi d'acqua hanno inondato alcuni aranceti.E, ancora, è esondato il fiume Akragas, che attraversa la valle dei Templi. Inutile e doloroso tornare sulle dinamiche dalla piena del fiume Milicia a Casteldaccia (Palermo) che è costata la vita a nove persone.

Sabato sera una bomba d'acqua si è abbattuta sul territorio di Ribera, con una intensità di 30 millimetri d'acqua/ora; tutti i corsi d'acqua sono esondati, eccetto il Magazzolo, provocando danni alle strutture fondiarie. “I danni sono limitati alle aziende più vicine ai fiumi e ai torrenti – ha detto a Italiafruit News Giuseppe (Peppe) Pasciuta, presidente del Consorzio dell'Arancia di Ribera Dop – In generale, i frutti pendenti non hanno subito danni per le intense piogge e pertanto, come era nelle previsioni, confermiamo l'ottima annata agrumicola, sia dal punto di vista qualitativo, sia di volumi. Nei prossimi giorni quantificheremo le superfici inondate e i danni complessivi. Ma andrann considerati anche i danni alla rete viaria rurale dovuti a eventi franosi e smottamenti”.



“Il Ragusano è stato particolarmente colpito – ha commentato il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, ai microfoni di Radio 1 – e questa situazione di estremo disagio appare evidente perché in quella provincia si registra il maggior numero di aziende agricole, prevalentemente serre e vivai che hanno costituito la novità nell’economia agricola siciliana”.
“Purtroppo la conta dei danni è ancora in corso e si aggiunge a quelli dei giorni scorsi nelle province di Catania, Siracusa ed Enna – ha aggiunto il governatore – E’ una situazione drammatica perché da anni non si fa manutenzione, ho scoperto che in passato erano anche state date delle disposizioni con risorse finanziarie, ma gli uffici non hanno dato seguito agli atti formali e nessuno si è preoccupato di accertare le responsabilità delle gravi omissioni degli uffici”. Musumeci ha fatto l’esempio del fiume Calderai a Sciacca, che rientrava in un elenco di interventi del Genio civile dell’agosto 2015. Nei giorni scorsi il fiume è esondato, l’acqua ha invaso aziende agricole e ci si è accorti che la manutenzione non si faceva da oltre venti anni.

“Alla luce dell’eccezionalità del fenomeno e dell’impreparazione del nostro territorio, abituato a piogge di normale intensità, la situazione è molto complessa – ha detto a Italiafruit Michele Lonzi, presidente del Consorzio del Limone di Siracusa Igp, agronomo, un passato come comandante del corpo forestale regionale e dirigente generale dell’assessorato Agricoltura – Molte coltivazioni arboree sono state distrutte, alcune strutture hanno subito danni irrecuperalbili e, soprattutto, ora ci sono delle vittime”.



“Ma non si può più tacere il fatto che le politiche di tutela dei territori e dell’ambiente segnino il passo da parecchio tempo – ha continuato Lonzi - Non c'è stata sensibilità al tema, né a livello regionale né nazionale, ma molta superficialità. Oltrettutto, i cambiamenti climatici stanno creando nuovi problemi. Ora non serve addossare la colpa a qualcuno, la responsabilità è di tutti e diffusa, dovuta a mancanza di sensibilità e indifferenza. Il mea culpa va fatto da tutti, dai vertici dello Stato agli agronomi. E, per la difesa delle vite umane, bisogna tornare a mettere le politiche ambientali nell’agenda di tutti i governi, nazionali e regionali, provinciali, locali e rimettere al centro le buone tecniche colturali”.
“Con l’assorbimento del Corpo forestale nell’Arma dei Carabinieri - ha concluso Lonzi - ora manca una professionalità specializzata e che faccia rispettare legge, non con multe ma con provvedimenti giudiziari. Senza dimenticare che ora le dighe e gli invasi artificiali sono stracolmi e parliamo di opere che da parecchi anni non ricevono manutenzione”.

Intanto, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha quantificato i danni causati dal maltempo dei giorni scorsi in almeno un miliardo di euro. Il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, ha parlato per le zone più colpite di una “situazione pesante, apocalittica, strade devastate, tralicci piegati come fuscelli. Dobbiamo partire subito perché se dobbiamo attendere la conta dei danni ci attiveremo almeno tra due mesi”. Nel Bellunese ci sono decine di frane, strade interrotte, località cancellate e boschi secolari strappati dalle intemperie.
Secondo la stima di Coldiretti e Federforeste negli ultimi giorni sono andati distrutti 14 milioni di alberi, per lo più in Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli. Un dato che minaccia di compromettere l'equilibrio ecologico e ambientale di vaste aree montane e di mettere a rischio la stabilità idrogeologica.
Da oggi, poi, ancora allerta arancione su parte del Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Lazio.

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