Castagne, «Gnomoniopsis» fa danni anche in Basilicata

Volumi dimezzati per il marroncino di Melfi. Gonthier (Università di Torino): finanziare la ricerca

Castagne, «Gnomoniopsis» fa danni anche in Basilicata
La filiera del marroncino di Melfi, castagna tipica della Basilicata e coltivata sul Monte Vulture, si lecca le ferite. Circa il 50% della produzione, infatti, quest'anno non presenta le caratteristiche qualitative per poter essere immessa nel mercato, a causa del marciume interno causato da Gnomoniopsis Discula Pascoe. Lo ha spiegato Pietro Sinigaglia, presidente dell'associazione Castanicoltori del Vulture ai microfoni di Cronache Lucane. 

"Stavamo festeggiando la quasi vittoria sul Cinipide galligeno del castagno - ha detto - quando all'inizio della campagna abbiamo scoperto questa nuova fisiopatia, di cui non si conoscono ne la provenienza ne le possibili cure da portare in campo. Il 50% del prodotto disponibile è da buttare".

Il marroncino di Melfi è molto ricercato per la produzione dei marrons-glacés, essendo un prodotto ideale da consumare fresco. "Come castanicoltori garantiamo le qualità di quelle poche castagne che andremo a distribuire", dice Sinigaglia, prevedendo un consistente incremento dei prezzi


Pietro Sinigaglia

"Se sarà possibile chiederemo aiuti finanziari per la calamità, ma ciò che più ci interessa è che le istituzioni si impegnino con Università ed enti a fare veramente ricerca applicata sul campo e cercare di capire le possibili soluzioni".

Il fungo Gnomoniopsis, dormiente da dieci anni, sta colonizzando non la Basilicata, ma un po' tutte le maggiori zone di produzione d'Italia, come abbiamo già evidenziato nelle scorse settimane (si vedano gli articoli "Castagne italiane, le industrie stoppano i ritiri" del 24 settembre e "Cascola di castagne, perdite nel Viterbese e nell'Avellinese" dell'1 ottobre). 

Dal mondo della ricerca, nel frattempo, sono arrivati anche i primi commenti: "Condivido la preoccupazione degli operatori del settore - ha sottolineato a Italiafruit News Paolo Gonthier, professore di Patologia Vegetale presso il Dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari (Disafa) dell'Università degli Studi di Torino - E' evidente che per affrontare seriamente la problematica è necessario che vengano finanziate attività di ricerca scientifica ad hoc. Aggiungo che per massimizzare le prospettive di successo, sarebbe auspicabile che queste venissero condotte da specialisti del settore riconosciuti dalla comunità scientifica".

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