Dal reddito di cittadinanza all’ortofrutta di cittadinanza

Come aumentare i consumi, favorire il benessere e alleggerire il bilancio

Dal reddito di cittadinanza all’ortofrutta di cittadinanza
Reddito di cittadinanza vincolato a spese morali, dice il vicepremier Luigi Di Maio. Caro ministro, se è ritornato il tempo della pianificazione economica allora vorremmo rilanciare con l'ortofrutta di cittadinanza: perché non vincolare una percentuale delle risorse mensili destinate a combattere la povertà all'acquisto di frutta e verdura? Potremmo ottenere un triplo vantaggio: rilancio dei consumi (con conseguenti benefici di un'intera filiera), miglioramento delle condizioni di salute degli italiani e diminuzione della spesa sanitaria.
Ora le spiego come e alla fine vedrà che il reddito di cittadinanza può trovare una ragione in prospettiva proprio nella programmazione della spesa sociale.



La prima manovra del governo giallo-verde propone di destinare 9 miliardi di euro al reddito e alle pensioni di cittadinanza (un altro miliardo servirà invece per potenziare i centri per l'impiego). Il reddito dovrebbe essere erogato attraverso una carta acquisti, una sorta di bancomat che però funzionerà solo per comperare beni di prima necessità. Frutta e verdura sì, un gratta & vinci no, tanto per intenderci.
Con questa misura, che dovrebbe partire a marzo 2019 - rivolta a una platea stimata in 6,5 milioni di italiani - si vuole sostenere chi si trova sotto la soglia di povertà relativa, cioè chi dispone di un reddito inferiore ai 780 euro mensili. E questa somma sarà il valore massimo del reddito di cittadinanza. Se si decidesse di destinarne buona parte ai beni alimentari di prima necessità e con corretto profilo nutrizionale – quindi ortofrutta e pasta sì, cioccolatini e bevande gassate no – si potrebbe anche vincolare quota di questa spesa proprio all’ortofrutta fresca. Ad esempio per portare il consumo procapite annuo dai 360 grammi al giorno attuali ai 600 grammi (da 300 a 500 grammi espressi come parte edibile), ovvero nell’intorno di quel valore che riduce del 15% il rischio di morire di malattie cardiovascolari rispetto a chi ne mangia, come noi, più o meno la metà, come ha dimostrato il più approfondito e autorevole studio epidemiologico condotto in Europa per 13 anni su oltre 450mila soggetti (leggi la notizia pubblicata su Italiafruit News).



Bene, sulla scorta di queste considerazioni, proviamo a fare un po’ di conti. Il paniere di ortofrutta che consumiamo ha un prezzo medio nei negozi inferiore ai 2 euro il chilo; se consideriamo di comprarne 600 grammi al giorno, arrotondando arriveremo a una spesa mensile procapite di circa 36 euro, ovvero meno del 5% del reddito mensile di cittadinanza. Una sciocchezza che porterebbe però a due effetti molto importanti.

Il primo di ordine economico: contribuirebbe a sviluppare una filiera nazionale di eccellenza, come l’ortofrutta, poiché aumentare del 66% i consumi di ortofrutticoli dell'11% della popolazione significa aumentare del 7,1% i consumi totali, con un valore generato alla produzione stimabile in oltre 700 milioni di euro, con le connesse ricadute positive sulle imprese del settore e, più in generale, sulla filiera e sull'indotto.

Limitandosi al primo effetto, però, molti altri settori economici potrebbero avere da obiettare, sentendosi discriminati, ma introducendo il secondo beneficio le cose cambiano radicalmente. Infatti, senza tema di smentita, nessun altro settore merceologico dell’alimentare può contribuire sul piano sociale quanto l’ortofrutta per tre diversi ordini di motivi. Il primo è legato alla manodopera, poiché una misura che sostenga lo sviluppo dell’ortofrutticoltura genera una ricaduta occupazionale che non teme confronti per l’alto livello di manodopera impiegata, peraltro qualificabile con facilità e, perciò, ad appannaggio proprio delle classi più povere e meno scolarizzate, fra cui gli immigrati.



Inoltre, contribuisce a sviluppare abitudini alimentari corrette che, anche nel Paese della dieta mediterranea, si vanno perdendo per effetto della globalizzazione e che sono sempre meno diffuse soprattutto nelle classi più povere. Come abbiamo dimostrato son il nostro Monitor Ortofrutta nella ricerca su “Salute & Benessere” del 2014 (leggi la notizia pubblicata su Italiafruit News), aumentare i consumi a 600 grammi al giorno per tutti gli italiani porterebbe a ridurre la spesa sanitaria di 1,5 miliardi di euro all’anno e con 20mila decessi in meno.



Anche se applicata solo sul 10% della popolazione i numeri sarebbero comunque molto interessanti, soprattutto in prospettiva, poiché se la manovra durasse anche solo pochi anni le nuove abitudini potrebbero radicarsi e mantenersi, generando anche un effetto emulativo, contribuendo così a quel processo di educazione alimentare che, soprattutto sulle giovani generazioni, è tanto difficile da sviluppare con gli strumenti convenzionali.

Ci pensi signor ministro, ci pensi.

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