False mele bio, Op Cop: ecco la nostra verità

False mele bio, Op Cop: ecco la nostra verità
Con un articolato comunicato stampa, Consorzio Ortofrutticolo Padano e Cooperativa Ortofrutticola Padana chiariscono le proprie posizioni a proposito della vicenda delle “false mele bio”. “Confidando con fiducia nell’operato della Magistratura e certi che verrà dimostrata l’estraneità degli indagati alle ipotesi contestate - si legge nel comunicato - Consorzio Ortofrutticolo Padano e la Cooperativa Ortofrutticola Padana ritengono però doveroso salvaguardare la qualità, la correttezza ed il valore del lavoro da sempre svolto, per conto di  tutte le società del consorzio, che hanno sempre operato nel pieno rispetto delle normative vigenti costruendosi una credibilità ed onorabilità evidenziata dalla sua storia e dallo sviluppo, creati in oltre vent’anni di serio e trasparente operato movimentando oltre  settantamila tonnellate di prodotto all’anno”.

“Si ritiene quindi necessario offrire alcune informazioni per non generare un’immotivata preoccupazione nei clienti e nei consumatori. Negli articoli apparsi sui media si citano le categorie biologico, convenzionali e le definizioni Qv e residuo zero senza una coerenza tecnica, soprattutto nel caso del Qv entrato in essere nel 2015, quindi epoca posteriore ai fatti citati, il 2014. I presunti fatti sono stati imputati ad una soltanto delle 1.100 società agricole socie
La società agricola estera rumena, inoltre, ha potuto associarsi solo dopo aver ottemperato e certificato le procedure per produrre biologico”.

“Il trasferimento del prodotto - prosegue la nota - è stato reale e certificato, con tutta la relativa documentazione della tracciabilità della merce. Non sono stati  trasmessi certificati non coerenti con i prodotti conferiti e/o venduti. Mai sono stati conferiti e venduti prodotti non coerenti con la loro definizione e certificazione. Nel corso di tutta l’indagine, ancora, non è mai stato eseguito presso il Consorzio Ortofrutticolo Padano e la Cooperativa Ortofrutticola Padana, ovvero presso gli stabilimenti dei loro clienti, alcun sequestro di mele o di altri prodotti alimentari che potessero essere sospettati come non conformi alle specifiche comunitarie, né tantomeno di prodotti anche solo potenzialmente dannosi per la salute dei consumatori”.

“Le aziende che hanno acquistato prodotti dal Consorzio Ortofrutticolo Padano non hanno mai rilevato la presenza di sostanze che potessero creare un danno per la salute dei consumatori o contestato la sussistenza di prodotti chimici superiori a quanto previsto per legge”, aggiunge il comunicato. “Per tale ragione infatti dette aziende non hanno ritenuto necessario costituirsi parte civile”. 

“Nello specifico, in relazione ai prodotti biologici e Qv, essi richiedono la tracciabilità del prodotto e idonee certificazioni, in quanto legati alla territorialità. I prodotti Qv non sono però biologici, definizione che richiede protocolli diversi sia per la coltivazione che il conferimento, con certificazioni differenti. Altro ancora, il residuo zero o baby fruit non è una versione del prodotto biologico ne del prodotto convenzionale, è una produzione con residui al di sotto di quanto prevede la normativa per un prodotto convenzionale, soggetto ad un regime assolutamente specifico e differenziato di controllo e nel caso in oggetto  è quanto meno azzardato presupporre che anche questo prodotto sia coinvolto”.

“Non è nemmeno ipotizzabile - conclude il comunicato - l’eventualità di fornire prodotti non conformi, in quanto ad ogni passaggio di merce corrisponde una analisi chimica sul prodotto che rileva qualsiasi anomalia, che comporterebbe la non utilizzazione dello stesso nel processo produttivo. Questo anche in ragione del fatto che la gran parte dei prodotti finiti vengono venduti all’estero dove insiste una particolare ancor maggiore attenzione e sensibilità nei confronti del prodotto biologico”.