Operaia segregata in un cassone per le mele

Operaia segregata in un cassone per le mele
Le grida provenivano dai campi. Lamenti, stanchi, di donna, che il continuo via vai di auto, tir e moto che sfrecciano ogni giorno sull'autostrada poteva facilmente coprire. Ma la forza della disperazione, giorno dopo giorno, ha spinto quella donna a usare tutte le energie rimastele in corpo per urlare e cercare di attirare l'attenzione di qualcuno. Unico spiraglio per la libertà. E così miracolosamente, dopo due settimane di prigionia, è stato.

E' successo martedì mattina, intorno alle 8.30-9, in un'azienda agricola che costeggia l'autostrada A4 Brescia-Padova, nei dintorni di Sommacampagna (Verona). Alcuni operai erano intenti a falciare l'erba ai lati dell'autostrada, quando hanno sentito le grida provenire dai campi. Dapprima incerti sul significato di quelle urla, ben presto hanno capito che non si trattava di uno scherzo. Qualcuno stava davvero chiedendo aiuto. E così hanno contattato le forze dell'ordine. In men che non si dica, gli agenti della Polizia stradale di Verona Sud e i carabinieri della compagnia di Villafranca si sono precipitati sul posto. Si sono addentrati nei campi, in mezzo ai filari di meli, per dare un volto a quella voce disperata, e ci sono riusciti. Prigioniera di un cassone di mele, a cui erano stati appoggiati sopra altri cassoni di plastica, una donna di origini polacche, visibilmente provata per quanto accaduto. Agenti e militari l'hanno estratta da quella cella a cielo aperto e, proprio mentre la liberavano, hanno visto arrivare su un trattore un cinquantatreenne di Bolzano. Secondo gli inquirenti, il suo aguzzino.

Le forze dell'ordine, che erano già riuscite in parte a ricostruire quanto accaduto, lo hanno immediatamente bloccato e arrestato con le pesanti accuse di sequestro di persona e tortura. Si sta accertando, inoltre, se l'uomo sia stato aiutato da un possibile complice. Delle indagini si sta occupando il pubblico ministero di turno Beatrice Zanotti.

Dai primi accertamenti, sembra che la donna prestasse servizio nell'azienda agricola di Sommacampagna, ma potrebbe anche aver avuto una relazione con il cinquantatreenne. A seguito di un'accesa lite, il 14 agosto scorso, l'uomo avrebbe deciso di segregarla all'interno di un cassone per le mele. Prima le avrebbe tolto la borsa, privandola quindi del telefono cellulare e della possibilità di cercare aiuto. Poi le avrebbe legato braccia e gambe con un nastro isolante, in modo da immobilizzarla. A quel punto, l'avrebbe imprigionata nel cassone, richiudendola sotto altri cassoni. Lì dentro la donna sarebbe rimasta ingabbiata per ben quattordici giorni in condizioni estreme. L'uomo le concedeva una mela e una bottiglietta di acqua al giorno per bere e cibarsi. La vittima non poteva lavarsi e a mala pena andare in bagno. L'inferno è durato due interminabili settimane finché, grazie all'intervento degli addetti alla falciatura dell'erba in autostrada e alle forze dell'ordine, non è finito.

Fonte: L'Arena