Pesche, la Spagna riduce gli investimenti

Madrid prepara un giro di vite. Ma le Comunità Autonome potranno derogare

Pesche, la Spagna riduce gli investimenti
La Spagna riduce gli investimenti in peschicoltura. A inizio settembre sarà pubblicato il decreto reale che regola i fondi e i programmi operativi per le organizzazioni di produttori ortofrutticoli e include nuove azioni legate alla gestione delle crisi sulla base di quanto recentemente approvato da Parlamento e Consiglio Ue. Il documento prevede per il 2019 e il 2020 una limitazione dell’impegno economico per la produzione di pesche e nettarine, comprese quelle piatte, protagoniste negli ultimi anni di un significativo exploit. Le Comunità Autonome potranno decidere diversamente per specifiche aree geografiche, prodotti o varietà, facendo quindi eccezione alle linee guida nazionali, ma l’impegno a ridimensionare ulteriormente i volumi rappresenta comunque un segnale significativo.



Il Paese iberico, nel settore delle drupacee, è il principale competitor del Made in Italy: dal 2010 i rapporti di forza tra i due grandi produttori europei sono cambiati in favore degli spagnoli, con l’Italia che fatto segnare, in sette anni, un saldo negativo di 163mila tonnellate, pari a oltre il 10% della produzione totale. La produzione iberica, che ha superato quella tricolore nel 2014, ha iniziato a flettere negli ultimi tre anni, ma resta saldamente avanti. Nella campagna in corso, stando alle stime presentate a fine maggio al 22esimo Forum del Préssec d'Alcarràs, organizzato a Lleida da Afrucat (Associazione dei frutticoltori della Catalogna) la Spagna, con poco più di 1,5 milioni di tonnellate di pesche e nettarine, fa segnare un calo dell’11% sul 2017. Il segno meno dovrebbe consolidarsi nei prossimi anni.

“La situazione spagnola delle pesche e nettarine, comprese le piatte - commenta Marco Eleuteri, dell’omonima azienda agricola - presenta criticità non molto dissimili da quelle italiane. La crescita di questo comparto, tumultuosa in Spagna per la platicarpa, con 12mila ettari in un decennio, non ha seguito strategie condivise, ne è stata coordinata da una regia unitaria”. 

“Ritengo - aggiunge Eleuteri - che con un tessuto imprenditoriale molto parcellizzato, ed il nostro lo è ancor più dello spagnolo, sarebbe fondamentale creare un sistema in grado di recuperare informazioni attendibili a livello di superfici, varietà, quotazioni e farle circolare tra gli operatori in modo che le decisioni d'investimento dei singoli possano essere ponderate”. “La questione è indubbiamente complessa - conclude perentorio - ma se a livello di organizzazioni di produttori esistessero meno fatturifici e più aziende aggreganti e organizzate, il problema sarebbe più facilmente gestibile…".

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