Angurie, il gusto non ha prezzo

Perché insistere su promozioni squalificanti se sono pure inutili?

Angurie, il gusto non ha prezzo
I dati di una recente indagine del Monitor Ortofrutta di Agroter per Nunhems confermano quanto lavoro si potrebbe fare per valorizzare il prodotto anguria.

Il Monitor ha indagato il percepito degli italiani su un campione di tremila responsabili acquisto, un terzo dei rappresentanti delle famiglie italiane, suddivisi per singola regione.
Intanto, le risposte dei nostri connazionali confermano che si tratta di un prodotto meteopatico, vale a dire estremamente sensibile al fattore climatico. Così, quando è particolarmente caldo, quasi la metà del campione (47,9%) dichiara di mangiare angurie più volte la settimana e un altro 19% le mangia ogni tanto.



Poi, a differenza di quanto accade con il resto della frutta fresca, sono i giovani a mangiarne più spesso degli over 55 e, come prevedibile, Sud e Isole costituiscono i primi assidui sostenitori di questo frutto: in particolare le famiglie pugliesi e calabresi lo consumano più volte a settimana nel 60% dei casi. Se al Sud il consumo è più strutturato, al Nord è occasionale, ma questo significa anche avere più margini di miglioramento.

Riguardo le pezzature, si conferma - soprattutto al Nord - l’attenzione verso i nuovi trend, quindi: le midi (3-5 chili) sono indicate dal 53,3% degli intervistati, le mini dal 24,4% e le fette dal 20,1%. Le maxi piacciono ai giovani per il cosiddetto “fattore convivialità” e, per tradizione, ai consumatori del Sud.



Ma le informazioni più interessanti arrivano dalla sfera relativa al sapore. A cominciare dal mito legato alla maggiore bontà delle angurie grandi: il 60% del campione lo considera falso, mentre chi è “molto o abbastanza d'accordo” passa dal 28,6% del Nord al 36,2% del Sud. Anche i giovani (nonostante dichiarino di comprare più spesso le maxi) non sono d'accordo: una cosa è la convivialità, una cosa il gusto.



E, infatti, il fattore che più influenza l’acquisto di angurie è proprio l’aspettativa di gusto, indicata dal 49,5% dei responsabili acquisto, che stacca nettamente il fattore dimensione/peso scelto dal 18,6% (ecco l’ottica anti-spreco) e il prezzo che non arriva al 10%.
Sempre meno comprensibile, quindi, la pressione promozionale sulle angurie: al contrario di quanto accade per altre categorie di prodotto, per il consumatore il prezzo non è così discriminante.

Pressione promozionale su angurie

A proposito di costanza qualitativa, poi, c’è un’altra indicazione che arriva direttamente dal “cliente finale” interpellato dal Monitor Ortofrutta, vale a dire: se fosse sempre presente l’anguria di elevata qualità, il 12,4% dei consumatori sarebbe disposto ad acquistarla sempre.



Se parliamo di riacquisto, invece, il punto vendita non è percepito come garante di qualità, forse perché considerato discontinuo nell’offerta. In più, il consumatore si fida ancora della propria capacità di scelta (quando il gusto è stato in linea con le mie aspettative” raggiunge quasi il 50% e “solo se riesco a trovarne una come dico io” il 29,2%). Anche in questo caso, pochi ragionano sul prezzo, solo il 17,8%.

Al dettaglio, ci sono due aspetti da sottolineare: dal 2012 al 2017 i negozi di piccole dimensioni (300-400 metri quadrati, che in Italia sono 40mila) hanno segmentato fino a tre referenze (+200%), quasi quanto i negozi di grandi dimensioni, e l’incidenza delle mini sulle vendite a valore varia dal 7 al 32% a seconda dell’insegna.



Infine, il consumatore trova molto e abbastanza interessanti: le indicazioni su origine e tracciabilità (51 e 39%), dolcezza garantita con formula “soddisfatti & rimborsati” (45 e 36%) e che l’anguria provenga da aree a denominazione di origine (44 e 43%).
E, se l’anguria è considerata una commodity, basterebbe poco (un gadget, il portanguria, uno scavino come per il gelato) per darle il tono di una speciality.

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