Basilico, traino per il Made in Italy

Crescono le superfici e le produzioni. Positivo anche l'export

Basilico, traino per il Made in Italy
L'etimologia del nome basilico deriva dal latino basilicum e dal greco basilikon che significano reale o sacro. L'aspetto mistico di questa pianta aromatica è molto presente nelle culture di molti popoli: dagli indiani agli antichi egizi, dai greci antichi ai romani, dai cinesi agli arabi, dagli aztechi agli incas. Alla base di questa devozione ci sono le riconosciute proprietà curative, nutrizionali ed aromatiche. 

Originario dell'India e del Sud-Est asiatico, si è poi diffuso in tutto il mondo. Oggi è molto comune nelle zone mediterranee e temperate, tanto è vero che anche in Italia ha acquisito il titolo di re della cucina made in Italy e di vera eccellenza del territorio ligure, essendo tra l'altro ingrediente principale del pesto alla genovese. 

Nell’economia della Liguria questa pianta è molto importante, in particolare per la Piana di Albenga. Anche se non è sempre stato così. Nel 2008 il basilico ha ottenuto la Dop, con l'obiettivo di difenderne e rivendicarne l’appartenenza. Tra i promotori e soci fondatori Mario Anfossi, quello del pesto che si trova anche al supermercato.

"Vedo nel futuro una Liguria tutta coperta di verde basilico - spiega Mario Anfossi, che è anche presidente del Consorzio di tutela del basilico genovese Dop - Da oltre vent'anni coltivo questa aromatica ed ogni giorno gestisco circa 20mila chili di prodotto. La produzione può avvenire in serra, con destinazione trasformazione industriale, o in pieno campo, con destinazione mercato fresco. Nel primo caso la semina e la raccolta sono continue durante tutto l’anno mentre nel secondo caso la semina avviene in primavera per una raccolta che va da fine giugno a metà ottobre".

"Il nostro basilico - prosegue Anfossi - si distingue per le sue foglie di dimensione medio-piccola, la forma ovale e convessa, ed il colore verde tenue. Il profumo è, rispetto ad altri tipi di basilico, particolarmente delicato ed assolutamente privo di quella fragranza di menta spesso riscontrabile quando viene coltivato in altre località. Preferisce un clima mite e soleggiato. Per la germinazione ha bisogno di una temperatura intorno ai 18 °C. Tenete sempre conto che non resiste a temperature inferiori ai 10 gradi. Il terreno ideale è quello soffice e drenato. L’apporto d’acqua è mediamente intenso e frequente. Inoltre non tollera i ristagni idrici.

Nel Ponente ligure ha trovato un habitat ideale. Il 2017 è stato per il basilico Dop genovese un anno record, con una produzione di quasi 8mila tonnellate. Le condizioni meteorologiche favorevoli (caldo e con poche piogge) hanno aiutato. Il 2018 si preannuncia positivo, visto anche l'aumento di superfici coltivate".

"Il mercato mondiale del basilico è in crescita - conclude Anfossi -. Soprattutto del basilico genovese nostrano. Il trend positivo è dovuto al crescente interesse verso un'alimentazione sana ed ecocompatibile. Inoltre l'industria di trasformazione può oggi fregiarsi del marchio di Basilico genovese Dop sopra le proprie confezioni, aumentando il valore intrinseco del proprio prodotto. L'export è cresciuto negli ultimi anni verso gli Usa, la Gran Bretagna, la Francia e la Germania. E nei prossimi anni ci aspettiamo un aumento delle esportazioni verso tutti i paesi asiatici e verso alcuni paesi arabi".
 
Qualche dato sulla produzione
Nel 2017 in Italia, in base ai dati Istat, sono stati coltivati 27.132 ettari in coltura protetta per una produzione di 89.089 quintali. Il nord Italia ha coltivati 19.302 ettari per una produzione di 73.803 quintali, il centro Italia 2.545 ettari per 3.822 quintali ed il sud Italia 5.285 ettari per 11.464 quintali. Nel 2010 invece gli ettari complessivi coltivati sono sono stati 17.655 per una produzione di 32.078 quintali. 

Un nemico bussa alla porta
L'estate 2014 è stata molto difficile per il basilico ligure, e non solo. L'andamento climatico estremamente piovoso ha messo in evidenza sintomi imputabili alla Peronospora belbahrii. I danni sono stati notevoli, in quanto buona parte della produzione è stata distrutta mettendo a rischio una delle principali eccellenze del made in Italy. Questo patogeno è apparso per la prima volta in Italia nel 2003 in Piemonte e Liguria, per poi diffondersi nel sud della penisola.

"La situazione oggi è sotto controllo - spiega Maria Lodovica Gullino, professoressa di Patologia vegetale all'Università di Torino e direttrice di Agroinnova - Questo per due motivi: non si sono verificate nuovamente estati così problematiche ed è stata messa in opera un'adeguata lotta integrata. Sappiamo che questa malattia si trasmette attraverso semi infetti.
Nel continente africano, dove quasi tutto il seme di basilico viene prodotto, la malattia è oramai endemica, visto che la prima osservazione è avvenuta in Uganda nel 1933. Da questi semi il fungo si trasmette poi alla piantina, che disseccherà durante il suo sviluppo. Per combatterla è necessario effettuare una strategia integrata: la concia dei semi attraverso aria calda, la lotta in campo attraverso l'uso d'induttori di resistenza (silicati, fosfiti ed ossido di calcio) e fungicidi autorizzati, ed adeguate pratiche colturali". 

Nel basilico l'uso di sostanze attive di sintesi è veramente limitato. Questo perché il loro impiego favorisce la nascita di ceppi resistenti del parassita. Inoltre la raccolta scalare rappresenta un limite verso la possibile presenza di residui potenzialmente dannosi per i consumatori. Sostanze attive autorizzate ad oggi in Italia su Peronospora belbahrii: ossido di rame, idrossido di rame, ossiclururo di rame, solfato di rame neutralizzato, solfato tribasico di rame, metalaxil M, azoxystrobin, pyraclostrobin, dimetomorf, mandipropamide, mancozeb, fluopicolide, propamocarb. Per conoscerle nel dettaglio consulta Fitogest.com.

Fonte foto: © Monicore - Pixabay 

Autore: Lorenzo Cricca 

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