Frutta estiva, partenza tiepida anche per il bio

«Prezzi non all'altezza». Parla l'azienda romagnola InfinityBio

Frutta estiva, partenza tiepida anche per il bio
Una partenza tiepida, o meglio "abbastanza fredda", per le drupacee biologiche, che spuntano quotazioni inferiori alle attese sia in Italia sia all'estero. A riassumere questo andamento di mercato è Carlo Morini, amministratore dell'azienda InfinityBio di Faenza, in provincia di Ravenna. "I prezzi per le prime albicocche, pesche e nettarine bio - sottolinea - non sono all'altezza delle previsioni. Ci aspettavamo molto più fermento, considerando le scarse quantità disponibili sul mercato europeo. Per quanto riguarda le albicocche, poi, molte industrie non stanno nemmeno ritirando il prodotto bio, avendo fatto il pieno nel 2017, annata di prezzi estremamente bassi".

La frutta estiva è il core business dell'azienda romagnola che, da quasi vent'anni, opera esclusivamente nel settore del biologico. E, dal 2015, ha cominciato a seguire i principi dell'agricoltura biodinamica, lavorando quindi sulla gestione dei terreni e sull'apporto di microrganismi ed enzimi per dare alle piante un ambiente di crescita ottimale. "In una stagione normale - spiega Morini - riusciamo a produrre dai 15 ai 18mila quintali di frutta, comprendendo anche il kiwi. Quest'anno prevediamo un calo della raccolta superiore al 50% per le albicocche, mentre la riduzione sarà più leggera per le pesche e nettarine".

Ma la qualità non manca, in particolare per le pesche e nettarine di Romagna, le due specialità di InfinityBio che entreranno a regime verso il 23-24 giugno. "La qualità dei frutti, per il momento, si presenta sicuramente molto buona; le piante non sono troppo cariche e non avremo bisogno di irrigarle".

Spostando l'attenzione sul mercato, l'85% della frutta di InfinityBio trova spazio sugli scaffali della grande distribuzione organizzata di quattro Paesi esteri: Austria, Danimarca, Germania e Svizzera. "All'estero - conclude Morini - la frutta biologica gode di maggiori spazi commerciali; inoltre, il consumatore è poco diffidente nei confronti del bio. Si riesce quindi a vendere a prezzi più elevati rispetto al mercato nazionale, ma al contempo dobbiamo sostenere maggiori costi. Il livello qualitativo che ci viene richiesto è infatti estremamente alto. Ciò determina un incremento del costo del lavoro e delle percentuali di scarto".

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