Il cliente è insoddisfatto dei freschi nella Gdo

Dalle analisi al Cibus tanti spunti sull'evoluzione dei modelli distributivi

Il cliente è insoddisfatto dei freschi nella Gdo
Nell'evoluzione dei format distributivi italiani emerge come il cliente non sia soddisfatto della qualità dei freschi della Grande distribuzione organizzata e anche come la Gdo stessa stia cercando di cambiare pelle per incontrare le esigenze di un cliente sempre più mutevole. Questi alcuni spunti interessanti tra quelli emersi nell'analisi di Luigi Rubinelli (RetailWatch) proposta ieri al Cibus.



In fiera a Parma, RetailWatch ha presentato un interessante convegno che propone un'analisi dei principali e attuali modelli distributivi attraverso diverse modalità di lettura: osservazione dei trend evolutivi e di come sta reagendo la Gdo italiana, parametri economico finanziari e indici di soddisfazione.
Sul tema dei format distributivi Luigi Rubinelli sottolinea come la crisi di questi anni nasca dalla non totale capacità della distribuzione di comprendere i propri clienti e di conseguenza di conquistarne la fiducia. Il panorama distributivo italiano si presenta come un patchwork di aziende che operano in modo molto diverso tra loro, con strategie difficilmente clusterizzabili e questo porta a dati medi per canale non rappresentativi della realtà.



Ciò deriva in parte da un cambiamento dei profili dei consumatori, che mostrano comportamenti di acquisto difficili da comprendere anche perché mutevoli in base al basket di prodotti acquistato, ed in parte anche dal retail che propone modelli spesso difficilmente identificabili. Un esempio è la classica distinzione tra ipermercato-supermercato e discount.



Non c'è più la netta separazione tra chi punta sulla qualità (super-iper) e chi sul prezzo (discount), ma degli ibridi in cui troviamo discount che elevano la qualità e super-iper che propongono il basso prezzo. I due formati si stanno sovrapponendo.
Cosa porterà questo? Alla nascita sostanzialmente di tre tipologie di negozio: il flagship store, quindi il format "testimonial" dell'insegna; piccole superfici molto specializzate, soprattutto mirate al servizio con assortimenti scelti; riconversioni in semplici punti di ritiro (se non addirittura a chiusure di negozi) in linea con il sempre crescente trend dell'online nelle sue varie forme.
Quello che è chiaro, ad oggi, è la sperimentazione in atto nella Gdo. Nascono negozi da centro città, negozi con assortimenti mirati all'esaltazione della qualità, come i Gourmet, oltre a moltissime realizzazioni con varie tipologie di somministrazione interna.

Uno degli elementi che permane, però, nella testa del cliente è l'insoddisfazione sui freschi: dalla ricerca presentata da Rubinelli emerge come chi acquista abitualmente i freschi in canali diversi dalla Gdo lo faccia principalmente perché la freschezza, il gusto/sapore e più in generale la qualità dei prodotti non sono all'altezza delle aspettative.



Tra tutti i freschi i reparti che maggiormente creano insoddisfazione sono i salumi e formaggi insieme alla carne. L'ortofrutta raccoglie il 36-32% delle citazioni, ed è comunque una percentuale elevata. L'ortofrutta presenta giudizi più negativi rispetto al resto dei freschi sulla mancanza di prodotti locali, italiano o km0 e il rapporto qualità prezzo non adeguato.
In sostanza alla Gdo serve allinearsi a ciò che cerca il cliente senza perdere tempo, quindi è necessario sperimentare. Alcuni esempi virtuosi ci sono, come il camion Sapor&Dintorni Conad che porta i prodotti S&D direttamente alle persone, senza aspettare – come il negozio fisico – che siano i clienti a venirli a provare nel negozio.



Serve anche tenere presente la minaccia dell'e-commerce, che è ancora limitato in Italia ma crescerà, oltre all'opportunità della somministrazione interna.



Tale elemento è cruciale nel contesto attuale, poiché uno dei più grandi competitor dei supermercati è proprio il piccolo negozio che vende un panino, un kebab, un'insalata fuori dall'ufficio. La minaccia e la perdita potenziale è enorme se si pensa che le abitudini di consumo dei pasti nel giro di 15 anni si sono ribaltate, con un fuori casa che vale quanto il consumo a casa.



In conclusione viene ribadito il concetto che "i consumatori si fidano dei consumatori" ed è per questo che il retail deve investire sempre più risorse sia a conoscerlo che a diventarne parte.

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