«Zona di libero scambio africana, il settore ne approfitti»

Insieme 44 Paesi con un Pil di 3,4 trilioni di dollari. Piraccini: chance per tecnologie e prodotti

«Zona di libero scambio africana, il settore ne approfitti»
I leader di 44 Paesi africani hanno sancito nei giorni scorsi la nascita di un nuovo mercato unico: la Zona di libero scambio denominata Zlec è la più grande dopo quella rappresentata dal Wto, l'Organizzazione mondiale per il commercio. L'intesa, sottoscritta a Kigali, in Ruanda, porterà alla creazione di un mercato da 1,2 miliardi di persone con un prodotto interno lordo combinato di oltre 3,4 trilioni di dollari. L'obiettivo è quello di ratificare l'accordo - che tra i protagonisti non ha la Nigeria e altri 11 Paesi - entro la fine dell'anno.

L'interesse del settore ortofrutticolo è alto: non solo per il Nord del Continente, già oggetto di forniture di macchinari e frutta italiana, in primis mele, ma anche per la fascia subsahariana, dove ci sono ampie potenzialità di business tutte da esplorare. “L’Africa è il continente delle opportunità e l’ortofrutta è uno dei pochi settori che, con investimenti relativamente contenuti, può dare celermente buoni risultati in termini di di fabbisogno alimentare e di occupazione”, commenta Renzo Piraccini, presidente di Cesena Fiera, protagonista di missioni in numerosi Paesi africani. “Vedo grandi opportunità per chi produce tecnologie, macchinari non troppo grandi, impianti di irrigazione utili per ottimizzare la gestione dell’acqua. In Africa, sostanzialmente, ci sono tre tipologie di aziende: quelle tradizionali, quelle grandi a vocazione internazionale che si avvalgono di manodopera a basso costo per produrre per il mercato mondiale e poi quelle di fascia media, la vera scommessa. Sono imprese che si rivolgono al mercato regionale, dirette per lo più da donne, dai buoni fondamentali, già strutturate, che devono solo migliorare: è qui che si giocherà, soprattutto, la partita dello sviluppo”. 



Piraccini (foto sopra) vede grandi chance per i prodotti italiani nelle aree urbane dall’elevata concentrazione di abitanti, come ad esempio Luanda, capitale dell’Angola, "città che conta complessivamente sette milioni di abitanti ed è fra le più care al mondo”. Il patron di Macfrut evidenzia poi lo sviluppo di “catene di supermercati nell’Africa subsahariana, molte delle quali sudafricane, che stanno costruendo piattaforme logistiche e importano prodotti dall’Europa come kiwi, mele, uva da tavola, agrumi”. “Un continente decisamente strategico per l'Italia e per l’Europa insomma - conclude Piraccini - a patto di cambiare passo e diventare pragmatici e concreti come la Cina, che in Africa sta svolgendo un ruolo primario ed ha un ampio vantaggio sui competitori”.

Il mercato unico piace anche a Federalimentare: “La Schengen del continente africano - sottolinea il presidente Luigi Scordamaglia in un comunicato stampa - rappresenta una grande opportunità per l’Italia che può mettere a servizio di questo nascente mercato il suo know how e l’attenzione all’innovazione che hanno fatto del nostro Paese un punto di riferimento mondiale”. “Se è vero che la terra è il petrolio del futuro e l’Africa ne ha in abbondanza, è anche vero che per essere valorizzata ha bisogno della sostenibilità e del modello non predatorio della filiera alimentare italiana che investe sulla diversificazione, avendo come obiettivo l’aumento del livello di autosufficienza dell'economia africana”.

“L'Africa è una fondamentale risorsa per il mondo intero - aggiunge ancora Scordamaglia - e nei prossimi anni sarà l'attore principale nella sfida della food security, la possibilità, cioè, di produrre cibo di qualità e in quantità sufficiente a soddisfare le esigenze nutrizionali di una popolazione mondiale che raggiungerà i 9 miliardi nei prossimi 25 anni”. Il presidente di Federalimentare auspica “un approccio win win che da un lato crei ricchezza in Africa e dall'altro generi ulteriori opportunità per le aziende italiane pronte ad investire in quei Paesi e nella valorizzazione del loro agroalimentare”.

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