Italia, l'export digitale di cibi vale 1,38 miliardi

Italia, l'export digitale di cibi vale 1,38 miliardi
L'export italiano di beni di consumo attraverso canali digitali continua a crescere e raggiunge nel 2017 un valore pari a circa 9,2 miliardi di euro, con un incremento rispetto al 2016 di 1,7 miliardi (+23%). Ma l'incidenza sul totale delle esportazioni di beni di consumo - che valgono complessivamente 144 miliardi di euro nel 2017 - rimane ancora marginale, pari ad appena il 6,4%. Il settore più importante per l'export digitale è il fashion (abbigliamento, tessile e accessori), che vale circa 6 miliardi di euro (l'11,5% dell'export totale di settore) e raccoglie i due terzi (66%) dell'export online di beni di consumo. Seguono a distanza il food, che pesa per il 15% delle esportazioni digitali con 1,38 miliardi di euro (poco più del 3% dell'export complessivo di settore), e l'arredamento, che incide per il 7% e vale 644 milioni (il 6,4% delle esportazioni complessive di mobili). Con quote marginali, chiudono elettronica, cosmetica, cartoleria, giochi, articoli sportivi.

I grandi retailer online si confermano il principale strumento di vendita online oltreconfine, con il 50% dell'export digitale, seguiti dai marketplace (35%), dai siti delle vendite private (8%) e dai siti e-commerce di aziende produttrici (7%). Gli Stati Uniti e l'Europa (soprattutto Francia e Germania) continuano a essere i principali mercati di sbocco per l'export digitale, ma si rafforza anche la presenza italiana in alcuni Paesi orientali come la Russia, il Sud-Est Asiatico, la Cina e il Giappone. Sono alcuni dei risultati della ricerca dell'Osservatorio Export della School of Management del Politecnico di Milano, presentata a Milano al convegno "Export digitale: a ciascuno il suo canale!".

"Le vendite attraverso i canali digitali stanno crescendo a ritmi sostenuti, anche se il loro peso sul totale delle esportazioni resta limitato e si conferma un approccio all'Export ancora tradizionale da parte delle imprese italiane - afferma Riccardo Mangiaracina (in foto), direttore dell'Osservatorio Export - Ci sono ampi margini di miglioramento e grandi opportunità da cogliere nell'uso dei canali digitali per accedere ai mercati internazionali e sostenere la crescita delle esportazioni italiane. Il processo di internazionalizzazione digitale richiede un'attenta e adeguata progettazione, che preveda l'identificazione del modello di export più adatto alla propria realtà aziendale, l'analisi degli aspetti legali, degli strumenti a disposizione e del pubblico del mercato in cui si vuole entrare".

A trainare l'export online è il canale indiretto (ovvero le vendite di prodotti italiani effettuate dai grandi retailer online stranieri come Amazon, Zalando, JD.com, Suning, o dai grandi marketplace come Amazon Marketplace, eBay con domini stranieri, Tmall, o ancora dai siti di vendite private internazionali come Venteprivee e Vip), che vale circa 6,9 miliardi di euro e copre il 75% delle esportazioni digitali complessive. L'export online diretto (le vendite abilitate da operatori e-commerce attivi in Italia, come i siti delle aziende produttrici, i siti dei retailer online o multicanale come LuisaViaRoma o Yoox Net-A-Porter Group e i marketplace con una sede italiana come Amazon.it e eBay.it) invece rappresenta appena il 25% del totale delle vendite online, per un valore di 2,3 miliardi di euro.

Lo scenario macroeconomico

In uno scenario macroeconomico che vede un aumento dell'attività economica e la produzione industriale, con una crescita del Pil attestatasi sul +1,5% nel 29017 e una leggera riduzione del tasso di disoccupazione all'11% circa, le esportazioni italiane sono cresciute del 7,4% negli ultimi dodici mesi, fino a raggiungere un valore di 448 miliardi di euro, in gran parte grazie agli ottimi risultati nei mercati extra-Ue, fra cui Usa, Russia e Cina. L'analisi compiuta dell'Osservatorio Export rivela come l'export continui a rappresentare un volano per l'economia nazionale. Nel 2018/19 si prevede che l'Italia continui a beneficiare di condizioni esterne favorevoli, con effetti positivi sulle esportazioni da parte dei bassi tassi di interesse e dall'aumento della crescita mondiale.

"L'Italia beneficia del generale clima di ripresa, con un moderato miglioramento dell'economia agevolato soprattutto dalla domanda mondiale - commenta Lucia Tajoli, responsabile scientifico dell'Osservatorio Export - L'apprezzamento dell'euro non sembra aver scoraggiato gli acquirenti esteri: anzi, proprio l'export manifatturiero è uno dei principali traini dell'economia italiana. Il buon tasso di crescita del 2017 avrà dei riflessi positivi anche nel biennio 2018/19, in cui l'Italia continuerà a giovarsi di condizioni esterne favorevoli. Ma per approfittare di questo contesto favorevole, sarà fondamentale analizzare i mercati in cui entrare e i nuovi potenziali partner commerciali, valutando con attenzione il contesto politico ed eventuali fattori di rischio".

Come esportano online le imprese italiane

Dai risultati di una survey su un campione di 160 aziende* produttrici o retailer realizzata dall'Osservatorio emerge che l'80% delle imprese esporta almeno il 10% del fatturato in un anno. Di queste, però, il 43% lo fa ancora esclusivamente attraverso canali tradizionali, il 35% usa sia canali online che offline e appena il 2% vende all'estero solo online. Chi esporta online, nella maggior parte dei casi (56%), lo fa da non più di due anni, solo il 22% da almeno 5 anni. Le principali barriere all'export per chi già vende online sono principalmente di natura legale (44%), poi nella gestione delle attività di marketing (39%), dei canali online (34%), della logistica (34%) e nei finanziamenti (27%). Chi ancora non esporta online invece incontra soprattutto difficoltà organizzative e nell'acquisizione delle competenze necessarie.

La soluzione logistica più utilizzata dalle imprese italiane che esportano online (68%) è l'aereo, spesso appoggiandosi ai servizi di spedizionieri o service provider. Lo strumento di pagamento più diffuso è la carta di credito, che il 66% delle imprese offre come unica modalità per pagare online all'estero. Nella maggior parte dei casi (56%), le aziende richiedono l'aiuto di esperti esterni, come consulenti o studi legali, per la gestione degli aspetti legali. Nelle attività di marketing, invece spesso (61%) utilizzano un intermediario per la gestione della comunicazione online. L'azienda tipicamente autofinanzia gli investimenti in export digitale (73%), ricorrendo solo sporadicamente a fonti di finanziamento esterne. Meno della metà delle imprese - il 44% - si è già dotata di figure di export manager e mancano e-commerce manager esperti dei vari paesi stranieri.

Focus sui Paesi

L'Europa
L'Europa ha raggiunto, nel suo complesso, un valore del mercato e-commerce B2c pari a oltre 600 miliardi di euro nel 2017 (+13% rispetto al 2016). La gran parte proviene dai Paesi dell'Europa occidentale (soprattutto Regno Unito e Francia, seguiti da Olanda, Belgio e Irlanda) che pesano per il 53% dell'e-commerce europeo, seguiti dall'Europa centrale (Germania, Svizzera, Polonia, Austria e Repubblica Ceca), col 21% del mercato, dall'Europa meridionale (Spagna, Italia, Grecia, Portogallo), che vale l'11%, settentrionale (Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia), con una quota pari al 9%, e orientale (Russia, Romania, Ucraina e Bulgaria), al 6%. Il tasso di penetrazione dell'ecommerce sul totale delle vendite retail varia a seconda dell'area: si passa dal 2-3% delle aree meridionale e orientale, al 7% dell'Europa settentrionale, fino al 10% nell'area occidentale, con picchi del 20% in Paesi particolarmente sviluppati come il Regno Unito, che con oltre 100 miliardi di euro è il primo mercato europeo e il terzo al mondo.

La Cina
Nel 2017 l'e-commerce B2c cinese ha rafforzato la leadership mondiale, raggiungendo un valore da 752 miliardi di euro e un'incidenza del 35% sul mercato globale. Un mercato estremamente concentrato, con i primi quattro operatori (Alibaba 57%, JD.com 27%, Suning 5% e Vip 3%) che pesano per il 90%, mentre gli altri si dividono quote marginali. Oltre il 40% della popolazione cinese, circa 582 milioni di consumatori (+10% sul 2016), acquista online e quasi il 38% (221 milioni) è un acquirente cross border che compra online prodotti o servizi offerti da siti stranieri o da apposite piattaforme cinesi, come Tmall Global o JD Worldwide. Nel 2017 anche le vendite online cross border verso la Cina hanno continuato la crescita degli ultimi anni, superando il valore di circa 90 miliardi di euro (+29% rispetto al 2016). Inoltre, a differenza dei principali mercati occidentali in cui il commercio via desktop ha un ruolo predominante, in Cina l'acquisto attraverso dispositivi mobile nel 2017 pesa per ben il 73% del transato e-commerce B2c.

Gli Stati Uniti
Il mercato e-commerce statunitense è maturo, ma continua a crescere: nel 2017 le vendite online B2c hanno raggiunto 546 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 12% rispetto al 2016 che consolida il secondo posto degli Usa a livello globale, alle spalle della Cina. L'e-commerce vale circa il 13% del retail statunitense e si prevede un aumento fino al 17% entro il 2022. Circa il 30% è generato da acquisti via smartphone, come accade oggi in diversi mercati occidentali (tra cui l'Italia, dove il peso del mobile è circa il 25%). Continua a crescere anche il numero di acquirenti online, ormai a quota 196 milioni (il 78% degli internauti, quattro milioni in più nell'ultimo anno). Regno Unito (49%), Cina (39%), Canada (34%), Hong Kong (20%) e Australia (18%) sono i principali partner cross border degli Stati Uniti.

La Russia
La Russia è uscita dalla recessione e si avvia verso una ripresa che sta stimolando anche le importazioni, nonostante le sanzioni introdotte nel 2014 ancora in vigore. Il mercato dell'e-commerce B2c russo è ancora limitato, poco più grande di quello italiano, ma è raddoppiato negli ultimi tre anni, raggiungendo un valore di 28,8 miliardi di euro nel 2017 (+17% sul 2016). La domanda viene prevalentemente dalle grandi città, come Mosca e San Pietroburgo, ma le realtà più piccole crescono velocemente. Il peso del cross border e-commerce russo è passato dal 10% del 2013 al 20% nel 2017.

"Cina e Usa presentano grandi potenzialità per le imprese italiane che vogliono internazionalizzarsi, ma allo stesso tempo sono mercati altamente competitivi e impegnativi, in cui è difficile entrare sia a livello manageriale che finanziario - spiega Lucia Piscitello, responsabile scientifico dell'Osservatorio Export - In Europa, la prossimità e la presenza di politiche europee comuni riducono la complessità di aspetti legali e logistici, ma sono ampie le differenze fra le aree geografiche. Il mercato russo offre interessanti prospettive di crescita, ma anche sfide complesse, come la necessità di offrire l'opzione di pagamento in contanti alla consegna e le difficoltà di gestire efficacemente i resi".

"Per massimizzare le probabilità di successo di export online, prima ancora di scegliere il proprio modello, è fondamentale compiere due azioni - conclude Riccardo Mangiaracina - analizzare il mercato di riferimento definendo il target, il corretto posizionamento e il livello di notorietà già conseguita dal proprio brand. E poi, soprattutto in Cina, Russia e Usa, registrare il proprio marchio per proteggere il brand, evitando che lo facciano terze parti".

*Il campione è costituito da aziende con un fatturato compreso tra 55 mila e 400 milioni di euro e un fatturato Export che pesa, nella maggior parte dei casi, tra il 10% e il 50% del totale.

Fonte: Ufficio stampa Osservatorio Export