Arance rosse, l'industria paga solo 10 centesimi il chilo

Nonostante l'alta quota di scarto. E intanto importiamo Moro australiane

Arance rosse, l'industria paga solo 10 centesimi il chilo
Bevande che sulle confezioni riportano la dicitura "arancia rossa" ma che, in realtà, contengono fino al 99% di succo di arance bionde di provenienza estera (Brasile, Stati Uniti, ecc.), il più delle volte di bassa qualità. Uno scandalo - ormai noto da almeno un decennio agli addetti ai lavori - ma non ai consumatori europei. Un business consolidato sul quale è difficile intervenire senza una pressione politica forte, in grado di portare l'esecutivo dell'Unione Europea a rivedere la propria rotta, modificando il regolamento comunitario sull'etichettatura delle bevande a base di frutta. Ma, ora più mai, l'Italia avrebbe bisogno di cambiare le regole. Quest'anno, infatti, i produttori di arance rosse, nonostante l'ottima qualità dei frutti, si trovano ad affrontare il problema dell'eccessiva disponibilità di calibri piccoli, complici l'avanzamento della Tristeza e la siccità estiva. Le quote di scarto, in molti casi, raggiungono il 60% della raccolta. 

La raccolta non è economicamente sostenibile

Come spiega Ivan Mazzamuto, presidente dell'azienda La Normanna, "una gran parte della produzione nazionale di arance rosse, a causa della ridotta pezzatura, non presenta caratteristiche adeguate per trovare sbocchi nel mercato del fresco e finisce alle industrie di trasformazione. Che, però, riconoscono ai produttori solo un media di 0,10 euro il chilo: un prezzo che non consente nemmeno di coprire i costi di raccolta. La causa di queste quotazioni è da attribuire esclusivamente al nostro mondo politico, che non è mai riuscito a modificare la norma europea che penalizza il succo italiano. Il problema è conosciuto: basta solamente l'1% di succo di arance rosse per promuovere sulle confezioni il nostro prodotto; bisognerebbe, invece, portare la quota al 100%".


 Ivan Mazzamuto

Politici italiani ininfluenti in Europa

"Il problema - dice Paolo Rapisarda, direttore del Crea-Acm (Centro di ricerca per l'agrumicoltura e le colture mediterranee) - nasce dal fatto che la normativa europea sulle bevande non fa differenza tra l'utilizzo di succo di arancia rossa e quello di arancia bionda, ma è necessario soltanto specificare la specie Citrus sinensis (arancio). Così, i confezionatori e i commercianti di succo interpretano a proprio vantaggio il regolamento, utilizzando una percentuale minima di succo di arance rosse, molto più costoso. Ma non è tutto: la maggior parte delle arance bionde trasformate provengono dall'estero e non presentano nemmeno una buona qualità. L'Unione Europea non si è mai mossa poiché le pressioni da parte dell'Italia sono state sempre deboli. L'argomento è tornato alla ribalta negli ultimi giorni, alla luce di una importazione in Italia di arance rosse Moro dall'Australia: un caso che sta facendo scandalo perché l'ordine sarebbe stato effettuato da un produttore di bevande siciliano".


Paolo Rapisarda

Il settore ha comunque necessità di rinnovarsi

Recentemente alcuni membri italiani del Parlamento Europeo hanno avanzato la proposta di alzare la quota minima di succo di arancia rossa al 51%, trovando però l'ostruzionismo degli Stati membri del Centro e Nord Europa. Per Salvo Laudani, marketing manager di Oranfrizer, "elevare la quota di succo di arance rosse potrebbe risolvere tanti problemi, rassicurare il consumatore finale e rappresentare una leva di contribuzione per tutta la filiera nazionale che è un po' sofferente sulla parte della trasformazione. Non dobbiamo dimenticarci, però, che soltanto investendo nel rinnovamento degli impianti produttivi e dei sistemi di irrigazione, la Sicilia può riuscire a ridurre la percentuale di scarto che, a causa della Tristeza, è strutturale".


Salvo Laudani

Agricoltori in seria difficoltà

"Da almeno cinque anni chiediamo al Governo di intervenire su questo problema, senza ottenere alcun risultato - aggiunge Salvatore Imbesi, amministratore di Agrumi-Gel, azienda di trasformazione che lavora solo arance nazionali - Con il passare delle annate, i produttori di arance rosse hanno perso tutto il mercato delle bevande, e oggi sono al collasso. Anche l'anno scorso, che non c'era il 60% di scarto, il prezzo medio si attestava a dieci centesimi il chilo: questo è molto grave. Inoltre, i nostri clienti di semilavorato - prosegue Imbesi - vendono stabilmente a un prezzo inferiore al mio. La revisione del regolamento comunitario è, quindi, fondamentale per creare un mercato equilibrato".


Salvatore Imbesi

Il futuro? Fare bevande di arance rosse di Sicilia Igp

Cosa può fare l'Italia per difendersi? "Non possiamo - risponde Rapidarsa - superare la legislazione europea. I nostri politici in vent'anni non sono mai riusciti ad avere la forza di imporre all'UE questo tipo di cambio di etichettatura. Ciò che potremmo fare subito è valorizzare l'origine lanciando sul mercato europeo bevande a marchio Igp, contenenti quindi solo arance rosse siciliane".



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