Kiwi, Made in Blu: l'Italia deve gestire meglio il mercato

La ricetta di Furio Mazzotti per rilanciarsi in Europa e Oltremare

Kiwi, Made in Blu: l'Italia deve gestire meglio il mercato

Compagnia italiana della frutta - partnership commerciale tra Alegra, Apofruit, Mazzoni, Minguzzi, La buona frutta e Moc Mediterraneo che si sono alleate 15 anni fa per affrontare insieme i mercati lontani con il marchio Made in Blu - è stata la prima azienda italiana a esportare i kiwi in Cina. Un motivo in più per parlare con il managing director, Furio Mazzotti (in fiera al Mac Fruit Attraction di Shanghai), di criticità ed emergenze dell’export Made in Italy.


“A livello varietale e qualitativo, tra il nostro kiwi e quello cinese c’è un abisso - ha detto il manager a Italiafruit News - In più questo è un mercato sterminato, basti dire che due/tre città sommano gli abitanti totali dell’Italia. A Shanghai, però, la qualità viene premiata e il nostro kiwi spunta fino a quattro volte il prezzo di quello domestico”.


Questa è sicuramente una campagna atipica, in cui la scarsità dell’offerta fa tenere i prezzi alti. “Gli importatori d’Oltremare sono titubanti - ha continuato Mazzotti - Non sono abituati a questi comportamenti da parte dell’Italia. Non c’è, infatti, offerta al ribasso ma, al contrario, diversificata verso l’alto”. 

Un’altra anomalia riguarda la Grecia. “Di fatto - ha spiegato il manager - è senza mercato interno, ma con un surplus di prodotto (200mila ton rispetto alle consuete 130mila, quindi il 30% in più, ndr) che viene totalmente indirizzato all’estero. Senza il loro sbocco tradizionale, la Federazione Russa, i greci stanno testando l’Oltremare, il Centro e il Sudamerica, la Cina. Forse non con grandi quantitativi, ma sono presenti”.


In Italia la produzione è inferiore alle 400mila tonnellate, a seconda delle fonti. “Se ragioniamo su 27mila ettari censiti, con i nuovi impianti e altro, dovremmo avere una produzione media per ettaro di circa 30 ton, per un totale diciano di 750mila tonnellate. Qualcosa evidentemente non torna!”.


Ma come si organizza l’export? “Noi siamo focalizzati su un paio di importatori in ogni nazione - ha detto Mazzotti - Fatta eccezione per la Germania dove c’è una politica commerciale differente e ne abbiamo uno per ogni città. In Canada, invece, sarebbe inutile, ne basta uno. Ma questa non è propriamente la politica di alcuni dei nostri gruppi, che amano avere una marea di clienti, per non accontentarne nessuno. Senza considerare che così sono sostituibili, perché non sono importanti per nessuno. Quando invece hai un buon importatore devi metterlo in condizione di saturazione e, grazie a politiche commerciali, di marketing o partecipazioni in co-branding, fare in modo di avere gli stessi interessi”.


Insomma, questa in teoria potrebbe essere una buona annata, ma bisogna saper prendere alcune decisioni. “Perché - ha spiegato ancora il managing director di Compagnia italiana della frutta - con l’Oltremare l’Italia è ferma all’80%”. È una questione solo di quest’anno o abbiamo un problema? “Buona regola sarebbe di tenere sempre alimentato il mercato”.

In definitiva, va trovato il punto di equilibrio, differente per ogni nazione, che ha abitudini commerciali diverse, ed è orientata verso calibri differenti. Il che significa che si può differenziare l’offerta, distribuire il prodotto, senza penalizzare nessuno.


A livello europeo, invece, le cose sono completamente differenti. “Il kiwi del nostro principale concorrente è esaurito - ha osservato Mazzotti - In Europa la Francia va in autoconsumo, la Spagna ha iniziato a produrre kiwi di alta qualità nella zona di Saragozza, ma lo tiene lì, dall’Italia si importano qualità standard, provenienti dal Piemonte. La scheggia impazzita, la Grecia, nel Vecchio Continente vende a prezzi più bassi ma, per fortuna, tanti mercati apprezzano tradizionalmente il prodotto Made in Italy. Proprio questi Paesi sono passati senza traumi da prezzi altissimi del nostro principale concorrente alle nostre quotazioni, di poco inferiori. Pur di non rimanere vuoti, hanno accettato”.  


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