Futurpera, partenza con il botto

Affluenza subito elevata. Il resoconto della giornata e del primo convegno

Futurpera, partenza con il botto
Una prima giornata da tutto esaurito per Futurpera, il salone dedicato alla filiera pericola che, fino a sabato 18, sarà la più importante e unica vetrina internazionale completamente dedicata alla pericoltura. L'affluenza è stata intensa sin dalle prime ore del mattino ed è continuata per tutta la giornata, sia nei padiglioni di Ferrara Fiere, che ospitano oltre 120 aziende specializzate del comparto - il 15% della quali estere - sia al primo convegno del World Pear Forum, nel corso del quale si è fatto il punto sul miglioramento di rese e redditività della pera Abate.

Il salone è stato inaugurato ufficialmente da Simona Caselli, assessore all'Agricoltura della Regione Emilia-Romagna e presidente di Areflh, Stefano Calderoni, presidente di FuturPera, Filippo Parisini, presidente di Ferrara Fiere, Albano Bergami, vicepresidente Oi Pera e Tiziano Tagliani, sindaco di Ferrara.

"È un piacere - ha detto Caselli al taglio del nastro - inaugurare un'altra importante edizione di Futurpera, una fiera verticale che rappresenta una scommessa vinta per l'intera regione, dove si concentra il 70% della produzione di pere italiana. Si tratta di un evento che sta crescendo, diventando sempre più internazionale, e che fa bene al comparto. Fondamentale anche l'aggregazione e la concentrazione dell'offerta commerciale, perché quando ci muoviamo insieme, anche nell'ambito di eventi fieristici come questo, diventiamo davvero imbattibili".



Del ruolo di Futurpera per la valorizzazione del prodotto ha parlato anche Stefano Calderoni. "Il salone è un importante spaccato della pericoltura italiana e mondiale. Già dalla prima giornata possiamo parlare tranquillamente di numeri straordinari e oltre le aspettative, non solo per le presenze, ma anche per l'indotto economico che questa fiera porta al territorio e vale quasi un milione di euro. Grazie a uno sforzo dell'intera filiera, oggi la pera è un trend topic sui media, superando per notorietà anche la mela". "Questo - ha aggiunto Calderoni - grazie a un posizionamento di immagine forte e della creazione di una forte identità, capace di raggiungere e conquistare il consumatore. Futurpera è un tassello di questa opera di promozione e valorizzazione che deve continuare, per far arrivare le nostre pere sulle tavole di tutto il mondo".

Abate Fetel: aumentare le rese per una maggiore redditività

L'Abate Fetel è la varietà di punta della produzione nazionale (19mila ettari in Emilia-Romagna), ma, negli ultimi anni, le rese medie per ettaro si sono stabilizzate, limitando redditività dei produttori. Obiettivo del convegno, moderato da Ivano Valmori (AgroNotizie), è stato quello di identificare nuove strategie per raggiungere una Plv che consenta di coprire i costi di produzione e creare un equo reddito per i pericoltori.

Migliorare qualità e prezzi
Carlo Pirazzoli, professore dell'Università di Bologna, ha evidenziato le soglie ideali per quanto riguarda le rese e la redditività della varietà, sulla base dei dati forniti dal Cso Italy. "La produttività degli impianti di Abate Fetel - ha detto - risulta temporaneamente costante intorno alle 25 tonnellate per ettaro. I prezzi medi del raccolto riconosciuti ai produttori sono spesso condizionati da una quota rilevante di prodotto di scarto, prossima al 35-36%. In conseguenza di ciò - ha proseguito - il valore della produzione per ettaro si attesta sui 15mila euro, ovvero ad un livello decisamente inferiore al costo totale di produzione, computato in circa 17-18mila euro per ettaro".

"Per potersi garantire un profitto, occorrerebbe agire sia sul fronte dei volumi prodotti, sia su quello della qualità dei frutti. Per esempio - ha spiegato Pirazzoli - con una resa media annua di 30 tonnellate per ettaro, si coprirebbero per intero i costi di produzione, mentre con una qualità dei frutti più elevata, cioè maggiore calibro e minori deformazioni, potrebbero essere sufficienti 28 tonnellate per ettaro. Nel caso del miglioramento di entrambi i parametri quanti-qualitativi si potrebbe garantire una marginalità di alcune migliaia di euro per ettaro".

"In assenza di questi miglioramenti e stante la situazione tecnica attuale - ha concluso - il break even point si potrebbe raggiungere solo con un aumento significativo dei prezzi di mercato, dell'ordine dei 15 centesimi di euro il chilogrammo, portando così il prezzo medio alla produzione di Abate Fetel intorno ai 75-80 centesimi il kg".



Come è cambiato il clima
Uno dei fattori che, soprattutto negli ultimi anni, ha influenzato le rese è il cambiamento climatico, come ha illustrato William Pratizzoli di Arpae Emilia-Romagna. Analizzando i dati della stazione ferrarese di Copparo, attivata nel lontano 1961, Pratizzoli ha sottolineato che a partire dagli anni Novanta si è passati da un "vecchio" a un "nuovo" clima, caratterizzato da una maggiore escursione termica, con più caldo in estate e un aumento delle temperature anche in inverno. "Le nuove estati - ha dichiarato - sono mediamente più calde di due gradi centigradi rispetto al periodo 1961-1985; quella del 2017 ha registrato addirittura quattro gradi in più. Il clima, purtroppo, non tornerà più indietro: nel periodo 2021-2050, quasi un'estate su tre potrebbe raggiungere una media stagionale delle temperature massime uguale o superiore a quella del 2017". 

"Parallelamente - ha continuato Pratizzoli - sono diminuite notevolmente le piogge estive, mentre sono aumentate quelle primaverili ed autunnali. Non è previsto in futuro un miglioramento nemmeno per le gelate tardive, perché l'aumento stesso delle temperature favorisce un anticipato sviluppo fenologico delle piante, che quindi possono subire danni e portare a conseguenti cali produttivi".

Mortalità significativa del Cotogno e nuove frontiere della ricerca
La parola è passata poi a Fabio Galli, tecnico della Fondazione Fratelli Navarra di Ferrara. "Tra i fattori che ostacolano il raggiungimento delle rese medie ideali - ha detto Galli - c'è sicuramente il limitato miscuglio varietale e l'assenza di impollinatori. Naturalmente sono rilevanti i già citati cambiamenti climatici e le avversità fitosanitarie come la cimice asiatica e la Valsa. Tutte condizioni che stanno provocando una importante mortalità delle piante e rese produttive certamente non soddisfacenti, che si vanno ad aggiungere agli elevati costi d'impianto".

"Purtroppo - ha sottolineato - oggi per diversi impianti la redditività non è garantita. Un impianto di Abate che produce 25 tonnellate per ettaro liquidate a 60 centesimi il kg ottiene una Plv di 15mila euro/ettaro che consente forse di coprire i costi di gestione, ma limita la programmazione di nuovi impianti. Questa situazione si ripete abbastanza frequentemente".

Il tecnico della Fondazione Fratelli Navarra ha quindi evidenziato che "negli ultimi vent'anni si è piantato quasi esclusivamente su Cotogno (rappresenta nove impianti su dieci) e così si è ottenuta una riduzione della taglia degli alberi e un conseguente aumento del numero di piante per ettaro". "Una parte di questi impianti - ha proseguito Galli - presenta una efficienza parzialmente compromessa, che si manifesta con vigoria stentata e senescenza anticipata. Ciò causa una mortalità significativa (per disaffinità, asfissia e taglio radicale) dopo i primi anni d'impianto. Si è sempre sostenuto che il Cotogno fosse in grado di conferire al frutto la forma perfetta: questo è vero solo in parte. Vi sono alternative che la Fondazione studierà, quali il meristema, i franchi clonati e il franco da seme: a differenza del Cotogno, queste tre radici garantiscono una efficienza pressoché perfetta con piante in ottima salute. Il franco da seme in campo praticamente oggi non esiste; il giudizio sui portainnesti Farold 40, 69, 87 non è unanime soprattutto in riferimento alla qualità dei frutti, e anche l'autoradicato merita un approfondimento".



La tavola rotonda con esperti del settore
A seguire si è tenuta una tavola rotonda sulle possibili strade da seguire con la presenza di Luca Dondini (Università di Bologna), Albano Bergami (Oi Pera), Lauro Simeoni (Fruit Net System), Ugo Palara (Agrintesa), Maurizio Saltari (Fruit Modena), Michele Giori (Salvi Vivai), Carlo Mazzola (Vivai Mazzoni) e Giovanni Zanzi (Zanzi Vivai).

"La pericoltura italiana ha bisogno di migliorare la quantità delle produzioni, non riducendo però la qualità. A questo proposito, i produttori non devono farsi carico della sperimentazione", ha suggerito Bergami.

La causa della moria dei Cotogni, secondo Mazzola, "è dovuta soprattutto al cambiamento climatico ed è quindi importante aumentare l'irrigazione, piantare più in profondità, fare più potature". Per Saltari, invece, si dovrebbe rispondere ai mutamenti del clima "concentrandosi su nutrizione e sostanza organica".

"Produrre pere è una cosa molto difficile: è come fare una casa, non bisogna lasciare nulla al caso. In particolare, è fondamentale scegliere il portainnesto giusto ancora prima di fare l'impianto, in base ad una analisi preventiva del terreno", ha suggerito Giori.

"Il nuovo portainnesto clonale Fox9, realizzato dall'Università di Bologna, è il nostro futuro poiché ha caratteristiche simili a Ba29", ha chiosato Zanzi.

"Dobbiamo considerare che il mercato - ha detto Palara - sta differenziando chiaramente le pere con calibro superiore a 70. Da diversi anni, quindi, noi di Agrintesa abbiamo sviluppato il concetto dell'autoradicalità sull'Abate, ottenendo rese medie di 40-50 tonnellate per ettaro e frutti di buona qualità in termini di aspetto e calibro. Questi impianti esprimono una longevità incredibile".

Le esperienze internazionali
Il quadro della situazione italiana è stato ampliato dalle tre relazioni finali, dedicate alle esperienze di altri importanti Paesi produttori, alcuni dei quali hanno già introdotto l'Abate. Christo Strydom, general manager di Wolseley Fruit Packers, ha evidenziato che in Sudafrica la coltivazione del pero copre circa 13mila ettari ed è in ripresa rispetto al passato. Le principali varietà sono Packham's, William Bc e Forelle. L'Abate Fetel sta incrementando la presenza e gli investimenti sono saliti di recente a circa 800 ettari. Qui viene posta grande attenzione alla fisiologia della pianta, uno degli aspetti più importanti per migliorare le rese.

Interessante anche l'esperienza di Mauricio Navarro, tecnico cileno di Pomme Fruit. In Cile la pericoltura conta quasi 8.700 ettari ed è in crescita, con l'Abate che è al secondo posto tra le varietà coltivate. Si tratta di un areale produttivo dove le maggiore rese sono date sostanzialmente dal clima, che prevede un maggior irraggiamento che favorisce la produzione.

Eric Van Der Hoeff
(Fruit Consult Bv) ha presentato un quadro completo sulla situazione produttiva di Belgio e Olanda, legata alla varietà Conference, fornendo indicazioni sulle tecniche di gestione del frutteto adottate nel Nord Europa, che partono da una situazione ambientale diversa da quella italiana.

Il confronto con i tecnici stranieri ha messo in evidenza l'unicità del territorio emiliano-romagnolo, dove il miglioramento delle rese può derivare principalmente dall'ottimizzazione della conoscenza e delle tecniche di gestione del frutteto.
 
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