Ecco il bio rivestimento per allungare la vita dei prodotti

Realizzato dall'Università di Pisa, è stato sperimentato su mele e pomodori

Ecco il bio rivestimento per allungare la vita dei prodotti
Proteggere e rallentare la maturazione del frutto grazie a un rivestimento derivante dal riciclo degli scarti della produzione agroalimentare. La soluzione innovativa arriva dall'Università di Pisa, dove i ricercatori del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agroambientali hanno realizzato bio rivestimenti edibili per proteggere più a lungo il valore nutritivo della frutta senza alterarne il gusto.

Il gruppo di ricerca coordinato della professoressa Annamaria Ranieri ha condotto una sperimentazione i cui risultati sono stati recentemente pubblicati su due riviste scientifiche, il Journal of Food Processing and Preservation e il Lwt - Food, Science and Technology.

“Come comunità scientifica ci poniamo il problema della gestione virtuosa e sostenibile degli scarti della produzione agroalimentare - dice la professoressa dell’ateneo pisano - dall’altra parte l’obiettivo è di dare ai consumatori prodotti che, dalla raccolta alla tavola, riescano a mantenere l’aspetto e le proprietà organolettiche e salutistiche”.



In particolare, uno dei due studi ha riguardato le mele Fuji: per conservarle i ricercatori hanno utilizzato come rivestimento la gelatina, un polimero a base di collagene ottenuto dalla lavorazione di tessuti connettivi e largamente utilizzato per i rivestimenti di capsule nell’industria farmaceutica. Il secondo studio ha riguardato invece il pomodoro che è stato rivestito con il chitosano, un polimero derivante dalla chitina, una sostanza presente negli esoscheletri dei crostacei e nelle pareti cellulari dei funghi.



“I due rivestimenti, che possono essere eliminati lavando i frutti prima di cibarsene – ha spiegato Annamaria Ranieri - hanno rallentato di tre giorni la maturazione, come evidenziato dal posticipato picco di accumulo di importanti composti nutraceutici, come carotenoidi, acidi fenolici e flavonoidi. La maggiore conservabilità nel tempo – ha quindi concluso la professoressa – potrebbe inoltre contribuire ad evitare lo spreco alimentare in differenti punti della filiera dalla raccolta al consumo”.

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