Produzione, bilancia commerciale, stagionalità, consumi: tutto sul kiwi

Aumenta l'import dalla Grecia, gusto e praticità non soddisfano

Produzione, bilancia commerciale, stagionalità, consumi: tutto sul kiwi
Produzione in drastico calo per il kiwi italiano, che però continua a crescere a doppia cifra alla voce "export". Nello stesso tempo, aumenta l'import "in stagione", soprattutto dalla Grecia. Mentre il consumo è in parte frenato da problemi legati a gusto e praticità.

Produzione mondiale in crescita costante
Analizzando i dati Faostat, aggiornati al 2014, si può notare come la produzione mondiale di kiwi abbia superato le 3,4 milioni di tonnellate. A fare la parte del leone è sempre la Cina, che da sola produce oltre 1,8 milioni di tonnellate, in crescita del 4% rispetto all'anno precedente. Al secondo posto l'Italia con oltre 500mila tonnellate, in lieve progresso. In terza posizione la Nuova Zelanda con circa 410 mila tonnellate, in crescita del 7% sul 2013. A seguire Cile (266mila), Grecia (171mila) e Francia con 62mila tons, in flessione rispetto al passato.



Giù la produzione italiana nel 2016 e nel 2017, calano le superfici
Cala sensibilmente la produzione italiana di kiwi nel 2016, scesa a circa 539mila tonnellate rispetto alle quasi 600mila del 2015, una flessione di quasi il 10%. La regione che ha registrato il maggior calo è il Lazio (primo produttore italiano), che nel 2016 ha prodotto 164mila tonnellate di kiwi, mentre nel 2015 ne aveva espresse oltre 220mila, una perdita netta di circa 25 punti percentuali. La seconda regione produttrice è il Piemonte (100mila tonnellate), seguito da Emilia-Romagna (quasi 82mila tons), Veneto (quasi 71mila tons) e Calabria (40mila tons). Per quanto riguarda il 2017, si rimanda al nostro articolo sulle previsioni del Cso riguardanti la campagna del kiwi ancora in corso: le stime indicano un ulteriore, netto calo produttivo. 



Bilancia commerciale italiana: export trainante
Continua a crescere il saldo della bilancia commerciale italiana del kiwi: questa la prima evidenza che emerge analizzando i dati Eurostat per il 2016. La motivazione principale di questo aumento è il salto di oltre 18 punti percentuali della voce "export": da meno di 350mila tonnellate nel 2015 a oltre 410mila tonnellate nel 2016. Aumentano anche le importazioni dall'estero, che superano quota 50mila tonnellate, in ascesa di oltre il 10% rispetto all'anno precedente.



L'import di kiwi: tre Paesi fanno il 75%
Analizzando le importazioni italiane, possiamo notare come essenzialmente siano tre i Paesi che esportano kiwi in Italia: la Nuova Zelanda, con il 28% dei volumi totali, il Cile (25%) e la Grecia (22%). Insieme esprimono circa il 75% delle importazioni italiane di kiwi. Spostando lo sguardo alle variazioni annuali, si nota come mentre le importazioni dalla Nuova Zelanda e dal Cile siano calate rispetto al 2015 (rispettivamente -8% e -20%), sono invece aumentate esponenzialmente le importazioni dalla Grecia (+125%).



Aumenta l'import in stagione, boom nel bimestre novembre-dicembre
A proposito dell'aumento dell'importazione di kiwi da Paesi europei, che hanno quindi un periodo di commercializzazione simile a quello italiano, è interessante vederne gli effetti sulla stagionalità. Se da un lato infatti storicamente l'Italia ha sempre importato kiwi in contro-stagione, con un picco nei mesi di maggio e giugno, nell'ultimo periodo (2010-2016), è aumentata l'importazione di kiwi nei mesi di novembre e dicembre, quando sul mercato è presente anche prodotto italiano. I dati parlano chiaro: se nel 2010 si importavano circa 3mila tonnellate di kiwi nei due ultimi mesi dell'anno, nel 2016 se ne sono importate quasi 9mila, tre volte tanto.



Poco pratico e non particolarmente gustoso: l'identikit del kiwi per gli italiani
Come si posiziona il kiwi nella mente del consumatore italiano? Lo ha studiato il Monitor Ortofrutta di Agroter, concentrandosi in particolare su soddisfazione gustativa e praticità di consumo. I risultati non sono molto incoraggianti: il kiwi si classifica ultimo per gusto (addirittura dopo la cipolla) e ultimo anche per praticità di consumo, ben lontano dalla comodità della banana o della frutta secca. Un chiaro input per tutti: la strada è ancora lunga.

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