«Le pesche a 0,15-0,25 euro il chilo? Una bufala»

Il direttore commerciale di Oro della Terra: «Tutto dipende dalla qualità proposta dal produttore»

«Le pesche a 0,15-0,25 euro il chilo? Una bufala»
La crisi delle pesche e delle nettarine è una storia che si ripete. Periodicamente. E altrettanto periodicamente si levano alte le polemiche, frutto delle difficoltà e dell'esasperazione dei produttori. Si tracciano così analisi, si delineano strategie, ma rincorrendo l'emergenza poi lo scenario produttivo e commerciale cambia poco o nulla. E così il nastro si riavvolge e assistiamo al solito film.

"In questi giorni tiene banco la discussione sui prezzi delle pesche e delle nettarine, leggo da più parti di liquidazioni di 0,15/0,25 euro il chilo, che chiaramente non ripagano i produttori - interviene Virgilio Massaccesi, direttore commerciale di Ortenzi - Oro della Terra, società di Macerata che commercializza ortofrutta fresca - Autorevoli soggetti del mondo produttivo fanno a gara a chi racconta il prezzo più basso, ponendo così le basi per giustificare liquidazioni altrimenti improponibili".

"Far passare il messaggio che le pesche costano 0,15 euro e sono vendute a 1,80 è un clamoroso autogol - prosegue il manager - che tra l’altro non corrisponde a verità. A quei prezzi sono state pagate pesche di calibro C o B, prodotte tanto per fare volume che oramai non servono più a nessuno. Sicuramente il settore ortofrutticolo è in difficoltà, ma non mi risulta che i prezzi pagati per le pesche siano quelli che leggo sui giornali; personalmente non ho pagato pesche sotto a 0,35 euro il chilo e con punte anche di 0,95, con una media di 0,58/0,60. Tutto dipende dalla qualità proposta dal produttore. A ogni fine campagna sono io a dire al produttore che ha preso 0,35/0,40 che la sua produzione non è adeguata ai nostri standard e quindi il prossimo anno dovrà migliorare o trovare una diversa collocazione per il suo prodotto". 

"Purtroppo - aggiunge Massaccesi - nelle grandi realtà il discorso è completamente rovesciato, la politica dei contributi legati ai quantitativi commercializzati ha incentivato le produzioni di quantità rispetto alle produzioni di qualità. La distorsione dello spirito comunitario ha creato soggetti che operano con il solo fine di accumulare contributi e questo sta portando un grave danno alla frutticoltura Italiana".

"Catasto delle produzioni, contingentamento delle superfici, pezzature minime commercializzabili, varietà ammesse, programmazione delle produzioni, revisione del ruolo delle Organizzazioni di produttori e delle cooperative, sono solo alcuni dei problemi da affrontare concretamente se si vuole dare un futuro all’ortofrutta - conclude Massaccesi - Altrimenti le angurie a 0.09 euro il chilo, le patate a 0,10 e le pesche a 0,15 diverranno non l’eccezione ma la regola".

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