Caporalato: agricoltura settore con meno irregolarità

Il convegno della Cia con i ministri Orlando e Poletti (ma senza Martina)

Caporalato: agricoltura settore con meno irregolarità
Al convegno organizzato ieri a Roma dalla Cia-Agricoltori Italiani per analizzare gli effetti della legge 199 a quasi un anno dalla sua approvazione, erano presenti sia il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che quello della Giustizia, Andrea Orlando. Del ministro delle Politiche agricole, invece, nessuna traccia: al posto di Maurizio Martina c’era, infatti, il capo della segreteria tecnica del Mipaaf, Alessandro Apolito.

In effetti, come dimostrano i dati presentati dalla Cia, il fenomeno del caporalato e del lavoro nero non riguarda solo l'agricoltura; comparti come edilizia, industria e trasporti presentano un numero di irregolarità accertate molto più allarmante. E - a fronte di un numero ridotto di denunce - sono oltre un milione le aziende agricole che operano nella totale trasparenza e nel pieno rispetto delle regole e dei lavoratori.
Ma, se nell’immaginario collettivo il caporalato è associato al nostro settore, evidentemente, intorno al tema c’è (anche) un errore di comunicazione.

“Abbiamo voluto questo convegno per testimoniare come la quasi totalità degli agricoltori operi nella trasparenza e nella piena legalità - ha detto il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino - D’altra parte, siamo anche qui per dimostrare che la rappresentanza degli agricoltori è pronta a fare responsabilmente la propria parte affinché siano significativamente ridotti i reati nel settore”.

Da sempre impegnata a favore di una legge a tutela dei lavoratori in agricoltura – e contro ogni comportamento di sfruttamento - la Cia si è dotata di un Codice etico, il cui mancato rispetto comporta l’espulsione dell’associato. Senza dimenticare che il caporalato, ha sottolineato la Organizzazione, crea concorrenza sleale nel settore.

Lo “sguardo dal campo” era comunque necessario per comprendere come la legge 199 impatti sulla realtà agricola. Il rischio che la Cia intende scongiurare è “innescare un clima da caccia alle streghe nei confronti degli imprenditori, generato da eventuali precipitose disposizioni delle Procure, con ordinanze non commisurate al tipo di reato compiuto”.

E infatti, se c’è un margine di perfettibilità della legge non è sul testo, ma sulla sua interpretazione. Nel documento normativo in cui si individuano gli indici di sfruttamento del lavoro, per esempio, non si distingue tra reati gravi/gravissimi e violazioni, anche solo meramente formali, della legislazione sul lavoro e della contrattazione collettiva. Il che determina una totale discrezionalità da parte di chi è deputato all’applicazione della legge, in primis gli Ispettori del lavoro e, poi, la stessa Magistratura, considerata la mole importante di contenzioso che presumibilmente si andrà a produrre.

Secondo la Cia gli aspetti penali dovrebbero invece concentrarsi sulla figura dell’intermediari,  che opera sia come soggetto fittiziamente proprietario di terreni e titolare di imprese, sia come soggetto che gestisce illegalmente il mercato del lavoro. Insomma, non si può mettere sullo stesso piano penale chi recluta e sfrutta la manodopera e chi commette un’infrazione amministrativa.

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