Aziende agricole nel giogo del caporalato

La scarsa elasticità della legge varata nel 2016 mette a rischio l'operatività

Aziende agricole nel giogo del caporalato
C’è una sorta di "strappo": tra la giustizia che vorremmo vedere applicata (contro il caporalato) e l’onestà (della maggior parte degli imprenditori) che vorremmo fosse tutelata. Stiamo parlando dell’applicazione di pene e sanzioni previste dalla legge 199 del 2016 che si scontra, sempre più fatalmente, con il lavoro quotidiano di tanti imprenditori ortofrutticoli, al Sud come al Nord Italia.

A nove mesi dall’approvazione della legge anti-caporalato si sta, dunque, concretizzando quanto molti operatori del settore temevano. Non a caso, proprio per tutelare gli interessi del comparto agricolo, in Puglia è nato anche il Movimento nazionale per l'agricoltura.

“Condanniamo chi sfrutta i lavoratori, anzi pensiamo che le pene contro i caporali vadano inasprite – spiega a Italiafruit News l'avvocato Giacomo Sgobba (nella foto), vicepresidente del Movimento – ma troviamo sbagliate la repressione cieca e la responsabilità penale per conto terzi dei titolari delle aziende agricole che rischiano la confisca dell’azienda e l’arresto, anche per infrazioni che non c’entrano con il caporalato. E che, prima del varo della legge, erano punite con sanzioni amministrative”.

Per il vicepresidente del Movimento, infatti, i controlli nelle aziende agricole rilevano più spesso la violazione di norme contrattuali e di sicurezza sul lavoro che sono, peraltro, di difficile applicazione nel nostro settore.

Abbiamo più volte fatto l’esempio dell’elmetto protettivo, che dovrebbe essere obbligatorio anche mentre si effettuano semplici lavori di manutenzione del tendoni dell'uva da tavola, così come l'utilizzo obbligatorio delle scarpe antiinfortunistica. Le norme sulla sicurezza sul lavoro impongono prescrizioni di difficile (se non impossibile) applicazione, le cui violazioni determinano “reati - dice Sgobba - che sono lasciati a un'ampia discrezionalità da parte dei giudici”.

“Potrei aggiungere – continua - che nessuna delle aziende pugliesi è in grado di rispettare la legge 199”. E’ una provocazione, ma se pensiamo al contratto collettivo non siamo così distanti dalla realtà.
“A fronte di una contrattazione collettiva a 75 euro, infatti, la cosiddetta paga di piazza in Puglia è fissata a circa 42 euro: basta già questo a creare illegalità (e ad essere puniti dalla legge 199, ndr). Nella nostra regione si sta discutendo del rinnovo del contratto provinciale di lavoro proprio in questo periodo e, mentre a Foggia si è chiuso con un ottimo risultato, Bari e Taranto inspiegabilmente non hanno ancora rinnovato”.

“Fino a quando non potremo intervenire con una modifica costruttiva e migliorativa della legge 199 - conclude Sgobba - dobbiamo lavorare sulla parte contrattuale e, chiaramente, spingere per una modifica del decreto relativo alle norme di sicurezza sul lavoro applicabile concretamente al mondo agricolo”.

Insomma, se di fronte a un caso di caporalato la condanna (anche a livello mediatico) deve e può partire in automatico, il problema sarà permettere agli imprenditori agricoli di continuare a lavorare con la tranquillità di norme certe e applicabili. Ecco perché la legge 199 contro il caporalato rischia di rimanere un’incompiuta.

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