Bmw e il caso pomelo

La casa automobilistica tedesca ha realizzato materiali protettivi ispirati al frutto

Bmw e il caso pomelo
Produrre schiume e tessuti di ultima generazione ispirati alla natura, più efficaci dal punto di vista della protezione, ma economici e, soprattutto, sostenibili. Ecco l’ultima frontiera nell’utilizzo della frutta: ripensare le caratteristiche dei tessuti naturali e adattarle in ambito industriale per nuove tecnologie protettive.
E’ quanto si legge in un articolo di Andrea Barsanti su La Stampa Motori e su un comunicato Bmw, che rimandano a un progetto sviluppato negli ultimi tre anni dalla casa automobilistica tedesca con sette partner (tra i quali Adidas e alcune università) e che ha portato alla creazione di una serie di prototipi realizzati partendo da modelli naturali, più resistenti, stabili e leggeri rispetto alle fibre hi-tech prodotte oggi in laboratorio. E, soprattutto, meno costosi.

Tutto è partito dal pomelo, l’antenato di tutti gli agrumi che, appunto, ha inaspettate capacità di protezione. Ad attirare l’attenzione del team di ingegneri della casa di Monaco è stata proprio la composizione del frutto, in cui tra polpa e buccia è presente un abbondante strato di albedo che - quando il pomelo maturo cade a terra - funge da ammortizzatore, assorbe l’urto ed evita che si spacchi. E la stessa cosa dovrebbero fare le nuove protezioni messe a punto: ammortizzare l'urto “disperdendolo”; oltre a resistere al calore, alla penetrazione, e in generale alle ferite.

Per il gruppo Bmw, i nuovi materiali naturali potrebbero essere utilizzati per migliorare le condizioni di lavoro dei propri dipendenti grazie a guanti e inserti leggeri, flessibili e resistenti, in grado di proteggere i lavoratori alla catena di montaggio, quotidianamente alle prese con oggetti pericolosi. Ma l’applicazione potrebbe essere adattata anche per i motociclisti, producendo caschi più leggeri ma in grado di reggere in modo più performante all’urto, e per gli atleti che praticano sport come il ciclismo e lo sci. Per Adidas e Ortema (società che si occupa di tecnologia ortopedica e sportiva) i nuovi tessuti potrebbero rappresentare una svolta anche nel calcio e nel basket. Altro che vitamina C.

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