Caporalato, è caccia alle streghe?

La nuova legge non piace gli agricoltori. Il problema si sarebbe potuto affrontare in altro modo

Caporalato, è caccia alle streghe?
La nuova legge contro il fenomeno del caporalato sta infuocando gli animi degli agricoltori italiani. Motivo? Un testo che sanziona penalmente "caporale" e fruitore del servizio (il titolare dell'azienda), allargando il concetto di sfruttamento quasi a qualsiasi tipologia di violazioni sul lavoro: sicurezza, orario di lavoro non rispettato, mancato riposo...

Gli agricoltori sono consci che occorre debellare il fenomeno del caporalato, ma hanno il timore di pagare a duro prezzo reati di lieve entità, che potrebbero essere sanzionati con pene amministrative. In pratica si è passati dalla convivenza con il fenomeno alla caccia alle streghe, come accade spesso in Italia a seguito di scandali che muovono l'opinione pubblica, come è stato appunto con il caporalato.

Perché si è arrivati a questa situazione? La risposta è nell'evoluzione del mercato del lavoro in agricoltura. In estrema sintesi, da un sistema sotto il controllo diretto dello Stato centrale in partecipazione con i sindacati tramite i centri di collocamento, si è arrivati ad una progressiva liberalizzazione del collocamento con la possibilità, per le imprese agricole, di assumere in via diretta il personale di cui necessitano. A ciò è seguito un progressivo decentramento delle competenze, passate in mano alle Regioni. Infine, all'inizio degli anni Duemila, con la riforma Biagi, i privati hanno iniziato a partecipare a pieno titolo al collocamento.

La liberalizzazione del collocamento ha incentivato il proliferare di mediatori, non sempre in regola, chiamati a trovare forza lavoro per i produttori durante i periodi ad alta richiesta di manodopera, come nella fase di raccolta. Un ruolo divenuto sempre più importante nel momento in cui si palesata la difficoltà di trovare lavoratori italiani. Il "caporale", oltretutto, si preoccupa della logistica inerente le maestranze, offrendo un servizio aggiuntivo alle aziende.

In un contesto del genere, sarebbe stato auspicabile uno Stato che obbligasse le Regioni a intervenire sul territorio per gestire domanda e offerta di lavoro agricolo, istituire un servizio di trasporto ad hoc e premiare le aziende che vi avessero aderito. In pratica un progetto ad ampio respiro che coinvolgesse i diversi enti locali preposti in concertazione con gli imprenditori. Facile? No, ma fior di studi indicavano questa strada da diversi anni, visto e considerato che il problema del caporalato non è sorto ieri.

La rete del lavoro agricolo di qualità avrebbe dovuto andare in questa direzione, ma ancora non si vedono risultati apprezzabili. Per molti, questa riforma è demagogica. Con gli agricoltori terrorizzati e una classe politica soddisfatta, a partire dal Ministro.

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