Vernocchi: «Import extra-Ue, ma con standard europei»

Il caso delle banane bio sollevato dalla cooperazione francese con il sostegno di Italia e Spagna

Vernocchi: «Import extra-Ue, ma con standard europei»
Da qualche tempo i produttori di banane biologiche francesi, in primis i coltivatori di Guadalupa e Martinica, sono sul piede di guerra. Il motivo è presto detto: il principio di equivalenza che regola i rapporti commerciali del settore tra Unione Europea e Paesi terzi non garantirebbe – e di fatto non garantisce - il rispetto dei criteri previsti dalle normative europee in materia.
Così, sul mercato comunitario, arrivano banane che sono certificate bio nel loro Paese d’origine ma che non potrebbero essere considerate tali secondo le norme comunitarie. Il tutto con un doppio svantaggio: da una parte, la concorrenza sleale sul mercato delle banane di provenienza extra-Ue vendute a prezzi competitivi rispetto a quelle europee e, dall’altra parte, l’inganno nei confronti dei consumatori del Vecchio Continente. Insomma una pratica scorretta, che gode proprio della tutela del principio di reciprocità.

Ieri, in occasione del Salone dell'Agricoltura di Parigi, l'Unione dei gruppi di produttori di banane di Guadalupa e Martinica, sostenuta dalla Federazione delle cooperative ortofrutticole francesi (Felcoop), ha organizzato una conferenza stampa per spiegare le ragioni del “no” all’attuale normativa europea che permette l'importazione di prodotti da agricoltura biologica in regime di equivalenza. Conferenza stampa alla quale sono state invitate anche Spagna e Italia, con Cooperativas Agroalimentarias e Alleanza delle cooperative agroalimentari.

“Gli organizzatori francesi sono soddisfatti per la grande affluenza di giornalisti – dice a Italiafruit News Davide Vernocchi, che ha partecipato in qualità di coordinatore del settore Ortofrutta dell’Alleanza delle cooperative – e da parte nostra abbiamo deciso di sostenere l’iniziativa perché da anni, come cooperazione europea, abbiamo denunciato la mancanza di reciprocità nelle negoziazioni con i Paesi terzi, che purtroppo non riguarda solo il settore bio ma penalizza l'intero settore ortofrutticolo. Un problema che abbiamo più volte riportato all’attenzione della Commissione per eliminare le barriere all’export, tariffarie e no, che spesso impediscono o ritardano l’accesso a nuovi mercati”.

“Il regime di importazione – aggiunge Vernocchi -  si fonda su un’equivalenza che implica il riconoscimento di sistemi produttivi totalmente differenti, a cominciare dai requisiti in materia ambientale, fitosanitaria, e sociale, che nei Paesi Terzi non raggiungono mai gli standard europei”.

E ancora: “Non vogliamo certo bloccare le importazioni, ma dobbiamo chiedere di regolamentarle in maniera migliore: abbiamo gli standard di produzione e di sicurezza più elevati al mondo, ma non possiamo valorizzarli. Insieme a Felcoop e Cooperativas Agroalimentarias esprimiamo quindi il nostro deciso al cambiamento della normativa europea affinché  agricoltori europei e produttori dei Paesi Terzi che vogliono etichettare i loro prodotti bio con il logo comunitario siano soggetti alle stesse norme europee”.

I prossimi step
“Ci siamo presi l’impegno di coinvolgere al più presto i rispettivi ministeri dell’Agricoltura, i parlamentari europei e i responsabili della Commissione. L’Unione Europea si dimostra ancora una volta non coesa e, ancora una volta, sono i Paesi del Nord Europa, fortemente importatori, ad avere un ruolo decisivo in queste scelte che rischiano di compromettere la sopravvivenza delle nostre aziende e dei nostri soci produttori. Le regole che valgono per i produttori europei - conclude Vernocchi - dovrebbero in futuro essere tout court applicabili anche ai prodotti importati”. Biologici e no.

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