Piva (Ccpb): «Quella riforma non andava fatta»

Secondo l'Ad del Consorzio il nuovo regolamento bio resta su un percorso accidentato

Piva (Ccpb): «Quella riforma non andava fatta»
Nei giorni della “mancata decisione” del Consiglio dei ministri agricoli riguardo la nuova proposta di regolamento comunitario dedicato al biologico, l’amministratore delegato del Ccpb, Fabrizio Piva, ha fatto alcune riflessioni, pubblicate sulla newsletter dell’Ente certificatore, che qui riprendiamo.

“Nel 2014 - ricorda Piva - la Commissione Europea decise di presentare una proposta di riforma con la definizione di un nuovo regolamento. Una riforma di cui il settore non avvertiva la necessità e che, infatti, finora è stata molto travagliata a causa delle posizioni molto distanti fra loro del trilogo Commissione-Parlamento-Consiglio Ue”.

“Eppure - continua Piva - l’analisi della legislazione da parte delle tre istituzioni comunitarie partiva da un buon compromesso, e cioè la definizione degli aspetti più controversi della riforma (la tematica dei residui, dei controlli e delle importazioni da Paesi terzi, ndr). Ma, nei diversi triloghi, la Commissione, supportata anche da una minoranza dei Paesi membri, ha mantenuto ferma la propria posizione, in particolare su soglia di contaminazione da residui di fitofarmaci (collocata a 0,01 ppm per principio attivo, ndr), frequenza minima dei controlli di parte terza e regole del periodo di conversione e, infine, sul tema delle importazioni. Comportamento che sta convincendo il settore a chiedere di soprassedere e archiviare la riforma. E, infatti, già 18 associazioni di produttori bio provenienti da 15 Paesi dell’Ue hanno chiesto di archiviare la proposta, mentre il 7 dicembre, con il penultimo trilogo in corso, Ifoam Ue ha pubblicato un comunicato il cui titolo definisce chiaramente lo stato dell’arte di questa riforma: La riforma del biologico ha raggiunto un punto morto, è necessario svoltare”.

Non solo. L’8 dicembre il parlamentare europeo Martin Hausling ha dichiarato che il processo di riforma ha raggiunto l’impasse e che Parlamento e Consiglio non sono nelle condizioni di accettare i compromessi proposti dalla Commissione, sospendendo temporaneamente i negoziati. In particolare, Parlamento e Consiglio hanno chiesto alla Commissione di sospendere la richiesta di introdurre una soglia di contaminazione da fitofarmaci (0,01 ppm), che punirebbe gli agricoltori bio per colpe spesso dovute all’uso in agricoltura convenzionale. Se dovesse persistere questa richiesta, Parlamento e Consiglio non proseguiranno nella definizione della riforma, provocandone il fallimento dell’intero percorso.

Insomma, anche per l’amministratore delegato del Ccpb la riforma non è partita col piede giusto. “Fin dall’inizio - dice - le organizzazioni degli operatori biologici hanno assistito con grande diffidenza alla pubblicazione delle prime proposte di regolamento. La questione della soglia di contaminazione ha rappresentato il paradigma attorno al quale si sarebbero definiti i destini della riforma stessa. L’Italia ha sempre insistito sull’inserimento a livello comunitario della soglia che dal 2011 era stata definita a livello nazionale e oggi si trova in un blocco di minoranza”.

“Le notizie non sono incoraggianti per la prosecuzione del progetto di riforma anche per le conclusioni del Consiglio dei ministri agricoli del 12 e 13 dicembre. L’evidente disaccordo tra gli Stati membri - conclude Piva - non ha aiutato ad accelerare il percorso, già di per sé troppo lento, della riforma”.