Censis: Italia miope, non investe nel futuro

Presentato a Roma il 50mo Rapporto sulla situazione sociale del Paese. Il ko dei millennials

Censis: Italia miope, non investe nel futuro
"Una società che continua a funzionare nel quotidiano, rumina e metabolizza gli input esterni (il flusso crescente di migranti, la loro faticosa integrazione e il processo di digitalizzazione, ndr) e cicatrizza le ferite più profonde, come la Brexit e gli eventi sismici degli ultimi mesi". Così il presidente del Censis (Centro studi investimenti sociali), Giuseppe De Rita, ha delineato il quadro della società italiana che emerge dal 50esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese, presentato venerdì a Roma. 

Intanto, "siamo entrati in una seconda era del sommerso: non più pre-industriale, come quello che il Censis scoprì nei primi anni ’70 e che fece da battistrada all’imprenditoria molecolare e all’industrializzazione di massa, ma un sommerso post-terziario". Non un "sommerso di lavoro" e un "sommerso di impresa" ma un "sommerso di redditi" che prolifera nella gestione del risparmio cash, nelle strategie di valorizzazione del patrimonio immobiliare, nel settore dei servizi alla persona e di "mobilità condivisa". Mentre il sommerso pre-industriale apriva allo sviluppo imprenditoriale e industriale, osserva il Censis, l’attuale sommerso è più statico che evolutivo, senza un sistemico orientamento di sviluppo. È un magma di soggetti, interessi e comportamenti, una "macchina molecolare", in cui proliferano figure lavorative labili e provvisorie.

Insomma, un'Italia "rentier" che accumula liquidità e non investe nel futuro, con il rischio di "svendere pezzo a pezzo l’argenteria di famiglia". Tanto che, rispetto al 2007, dall’inizio della crisi, gli italiani hanno accumulato liquidità aggiuntiva per 114,3 miliardi di euro, un valore superiore al Pil di un Paese come l’Ungheria. La liquidità totale di cui dispongono in contanti o depositi non vincolati (818,4 miliardi al secondo trimestre 2016) è pari al valore di una economia che si collocherebbe al quinto posto nella graduatoria del Pil dei Paesi Ue post-Brexit, dopo la Germania, la Francia, la stessa Italia e la Spagna. Evidente, poi, secondo il Rapporto, il "ko economico dei giovani". I figli sono più poveri dei nonni: rispetto alla media della popolazione, oggi le famiglie dei millennials (con meno di 35 anni) hanno un reddito più basso del 15,1% e una ricchezza inferiore del 41,1%. Nel confronto con venticinque anni fa, i giovani di oggi hanno un reddito del 26,5% più basso di quello dei loro coetanei di allora, mentre per gli over 65 anni è invece aumentato del 24,3%.
 
Ancora, secondo il Rapporto Censis, le aspettative degli italiani continuano a essere negative: il 61,4% è convinto che il proprio reddito non aumenterà nei prossimi anni, il 57% ritiene che i figli e i nipoti non vivranno meglio di loro (e lo pensa anche il 60,2% dei benestanti). Il 63,7% crede che, dopo anni di consumi contratti e accumulo di nuovo risparmio cautelativo, l’esito inevitabile sarà una riduzione del tenore di vita. Fare investimenti di lungo periodo è una opzione per una quota di persone (il 22,1%) molto inferiore a quella di chi vuole potenziare i propri risparmi (il 56,7%) e tagliare ancora le spese ordinarie per la casa e l’alimentazione (il 51,7%). Con il conseguente incremento di liquidità. 

Così, con una incidenza degli investimenti sul Pil pari al 16,6% nel 2015, l’Italia si colloca non solo a grande distanza dalla media europea (19,5%), da Francia (21,5%), Germania (19,9%), Spagna (19,7%) e Regno Unito (16,9%), ma è tornata ai livelli minimi dal dopoguerra. 
Un gioco inter-temporale di trasferimento di risorse che ha messo ko economicamente i millennials. La cui attuale ricchezza è inferiore del 4,3% rispetto a quella dei loro coetanei del 1991, mentre per gli italiani nell’insieme il valore attuale è maggiore del 32,3% rispetto ad allora mentre per gli anziani è maggiore addirittura dell’84,7%.

Gli italiani a tavola
La grave crisi economica che ha colpito il nostro Paese unita a una preoccupante disinformazion hanno anche cambiato notevolmente le abitudini alimentari degli italiani. Questo è l’allarme lanciato da Censis, con il rapporto “Gli italiani a tavola: cosa sta cambiando – Il valore sociale dell’alimento carne e i rischi delle nuove disuguaglianze”.

In generale, se negli anni 2007/15 i consumi sono calati del 5,7%, quelli alimentari hanno fatto ancora peggio (-12,2%). Naturalmente le differenze socio-economiche influiscono in modo importante sull’entità della riduzione dei consumi, differenziando il contenuto di carrello, tavola e dispensa delle famiglie. Dunque le diete, prima ancora che da valori e stili di vita, finiscono per essere condizionate dalle nuove reali e diversificate disponibilità di reddito e capacità di spesa delle famiglie. Nel periodo critico, le famiglie operaie hanno ridotto la spesa alimentare del 19,4%, del 28,9% le famiglie con capofamiglia in cerca di occupazione e del 17,7% le famiglie di imprenditori.

Coldiretti, Italia prima in Ue per millennial imprenditori
Sono quasi 600mila le imprese italiane condotte da millennials under 35 con l'Italia che si colloca così ai vertici dell'Unione Europea in termini di numero di giovani imprenditori. È quanto afferma la Coldiretti nel commentare il rapporto Censis dal quale si evidenzia "il ko economico dei millennial". In altre parole i giovani italiani sono i più intraprendenti dell'Unione Europea grazie all'apertura nel 2016 di circa 325 imprese al giorno con il risultato che - continua la Coldiretti - le imprese condotte da giovani rappresentano il 9,8% delle imprese presenti in Italia, ma la percentuale sale al 31,1% tra quelle di nuova apertura nel primi nove mesi del 2016. 

In Italia i giovani i sotto i 40 anni guidano 1,155 milioni di PMI imprese, il maggior numero in Europa davanti al Regno Unito (990.100), alla Polonia (988.200), la Romania (902.200), la Spagna (691.100), la Francia (568.900) e la Germania (511.400) su un totale di 24.889.700 presenti nell'Unione Europea per una incidenza del 30%. 
I giovani alla guida di imprese italiane - precisa la Coldiretti - sono il doppio che in Germania. "Nonostante le difficoltà economiche c'è in Italia l'esercito di giovani imprenditori più numeroso d'Europa che rischia quotidianamente il proprio futuro nonostante l'evidente gap competitivo che sconta ancora il nostro sistema Paese", ha affermato la delegata nazionale dei giovani di Coldiretti Maria Letizia Gardoni.

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