Mele, oltre cinquanta nuove varietà ma per quali bisogni?

A Interpoma tanta innovazione che, però, si è dimenticata del consumatore

Mele, oltre cinquanta nuove varietà ma per quali bisogni?
Attratto dal programma convegnistico, la scorsa settimana ho partecipato alla kermesse bolzanina sulla mela e, così, ho anche avuto modo di passare qualche ora tra gli stand per potermi fare un'idea delle novità proposte. Malgrado la laurea in Scienze Agrarie, confesso di muovermi ormai con una certa difficoltà fra reti antigrandine e sarchiatrici interfilare ma, in compenso, negli ultimi trent'anni qualcosa su come approcciare la segmentazione dell'offerta di mele l'ho imparato.
A tal proposito, però, delle regole base del marketing non mi è parso di trovare cenno nelle proposte che ho visto o, almeno, io non sono stato capace di trovarlo. Siccome non ho trovato risposte nemmeno sulla stampa di settore, vi rubo qualche istante per approfondire insieme il tema.

Nel corso del mio rapido tour fra i padiglioni ho contato più di cinquanta varietà di mele delle quali ignoravo l'esistenza o che, se anche ne avevo sentito parlare, vedevo per la prima volta. E fino a qui niente di male. Il problema nasce quando ciascuna di queste nuove varietà ha sue peculiarità nella forma, nel colore e persino nel gusto, con la complicazione che quest'ultimo si mescola con croccantezza/farinosità/succosità della polpa e consistenza della buccia - anch'esse declinate in tutte le possibili combinazioni - mentre si degusta il prodotto.



Tanti nuovi bouquet da scoprire, quindi. E anche qui niente di male, pensando al vino. Se non fosse che, senza l'adeguata comunicazione sviluppata da tutte le cantine su ogni singola etichetta, alla fine saranno solo mele diverse tra loro o, al massimo, saranno frutti associati a nomi di fantasia (vedendo quelli proposti certo la fantasia ai costitutori della varietà non manca) senza alcun significato specifico per chi li acquista. Con i prezzi al produttore che circolano oggi per le mele rispetto all'uva e – soprattutto – al vino, qualcuno ha pensato come sarà possibile reperire le risorse necessarie a comunicare correttamente?

Ma, anche tralasciando lo scoglio della comunicazione, come faremo a rendere disponibile tutta questa gamma di nuova offerta ai consumatori sui banchi dei supermercati se già oggi lo spazio per le varietà esistenti è insufficiente? Si potrebbe togliere la ridondante duplicazione dell'offerta, eliminando la suddivisione in calibri nell'ambito delle stesse varietà? In teoria sì, salvo però rendere sfuso o confezionato solo una scelta di praticità. Ma, se anche venisse avanti questa idea balzana, il vero problema rimarrebbe come generare nuovi desideri per evitare che un prodotto cannibalizzi l'altro, così che alla fine per il settore il bilancio finale sia alquanto magro. E' già successo con Gala e Fuji nei confronti delle vecchie varietà rosse, a fronte comunque di una tendenziale riduzione dei consumi ma non sembra abbia insegnato molto.

La storia della proliferazione selvaggia delle varietà senza strategia "brucia" ancora nella Romagna peschicola, mi auguro che non si ripeta anche per le mele nell'arco alpino. Gli strumenti tecnici e di marketing per evitarlo ci sono, ma occorre fin da subito una loro rigorosa applicazione che, però, fatico anche solo a intravedere. Identificazione e stimolazione dei nuovi desideri, programmazione e categorizzazione seria dell'offerta, solo per fare qualche esempio, come tento di trasmettere da tempo ma ancora con poca fortuna. Ora, però, il quadro di riferimento non solo lo richiede ma lo esige.
 
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