Australia vs Italia: scoppia la guerra del pomodoro

Australia vs Italia: scoppia la guerra del pomodoro
Pomodori in scatola a basso costo? Se l'Italia se la prende con la Cina, l'Australia rinfaccia la stessa cosa al Bel Paese. Come racconta La Stampa, nell'altro emisfero c'è chi lamenta il prezzo troppo basso dei pomodori in scatola italiani, sussidiati con soldi pubblici europei.

L’Europa, però, come riporta il quotidiano torinese, avverte che questo mette a rischio l’accordo di libero scambio che si sta negoziando fra l’Ue e il governo di Canberra. Si profila anche un ricorso al Wto (l’organizzazione mondiale del commercio).  

La questione era stata sollevata già un paio d’anni fa. Nel 2014 la commissione australiana che contrasta il "dumping" (cioè la vendita a prezzi inferiori a quelli dei mercati di origine) aveva imposto dazi al 4% ad alcune imprese italiane del settore - e quelle accusate di non cooperare si sono viste affibbiare un balzello addirittura del 24%. Ma erano rimaste fuori Feger e La Doria, due aziende campane che da sole vendono il 40% dei pomodori in scatola commercializzati in Australia. I due gruppi italiani hanno un solo concorrente locale, la Ardmona (che imbottiglia anche la Coca-Cola australiana ed è controllata al 29% dalla Coca-Cola di Atlanta). Ardmona si è rivolta nuovamente alla commissione australiana anti-dumping e nel febbraio 2016 ha ottenuto dazi del 4,5% sui prodotti di La Doria e dell’8,4% su quelli di Feger. 

Inoltre, il 25 maggio è stata avviata in Australia un’altra indagine che mette nel mirino, per presunta alterazione della concorrenza, i sussidi da 183 milioni di euro al settore italiano del pomodoro (che peraltro non vanno alle aziende alimentari ma ai produttori agricoli). Perciò i limiti all’esportazione in Australia rischiano di diventare ancora più rigidi. 

A Bruxelles l’hanno presa male. Cecilia Malmström, commissaria per il commercio dell’Unione europea, si dice "molto preoccupata per le indagini antidumping che l’Australia ha intrapreso contro i pomodori in scatola italiani"
L'europarlamentare Paolo De Castro sottolinea che "l’Australia dovrà ripensare le sue politiche protezionistiche sui pomodori in scatola se non vuole mettere a rischio l’accordo di libero scambio che sta negoziando con l’Ue. Conteggiando ai fini anti-dumping gli aiuti agli agricoltori europei l’Australia va contro le regole del Wto. Se l’Ue si rivolge al tribunale delle controversie dell’organizzazione mondiale del commercio, l’Australia non sarà in grado di sostenere le sue pretese".

Quello che fa infuriare la Malmström, De Castro e tutti i responsabili di Bruxelles è che la politica agricola comune europea è stata riformata proprio per fare in modo che i sussidi non vadano più alla produzione ma agli agricoltori, nella loro funzione di tutela del territorio; se questa riforma viene ignorata all’estero, e gli aiuti ai coltivatori vengono interpretati dai nostri partner commerciali come sussidi indiretti alla produzione, salta tutto il sistema dei rapporti, e diventa impossibile stabilire accordi di libero scambio fra l’Unione europea e i Paesi terzi. Per questo a Bruxelles tutti si trincerano in una difesa di principio, non vogliono accettare un precedente pericolosissimo. Gli esportatori italiani di pomodori in scatola non rischiano di essere abbandonati a se stessi senza tutela.
 
Da La Doria dicono che "è ridicolo accusare i produttori di pomodori italiani in scatola di praticare prezzi da dumping, visto che quelli della materia prima in Italia sono fra i più alti del mondo". Questo anche perché, spiega Annibale Pancrazio, presidente del Polo distrettuale del pomodoro da industria del Centro Sud, "il nostro prodotto è della migliore qualità, e proprio l’Australia è uno dei mercati che apprezza di più la qualità italiana".

Fonte: La Stampa