Zucchine, il New Delhi virus colpisce anche l'Italia

Seri danni nel Trapanese. Davino (UniPa): «Più prevenzione nelle serre»

Zucchine, il New Delhi virus colpisce anche l'Italia
Si chiama Tomato leaf Curli New Delhi virus (ToLCNDV), il nuovo temibile nemico delle zucchine italiane. Questa malattia, conosciuta in tutto il mondo per la sua virulenza, è stata identificata a ottobre dell'anno scorso in alcune coltivazioni del Trapanese.

La sintomatologia del virus consiste in uno spinto accartocciamento fogliare, con il margine ripiegato verso il basso, e nell'ingiallimento delle foglioline, con conseguente compromissione dello sviluppo vegetativo e morte delle giovani piantine.

Il danno è elevato anche nella coltura in pieno accrescimento vegeto-produttivo, a causa di alterazioni sui frutti, quali rugosità e spaccature che rendono il prodotto invendibile. Come buona parte dei virus, la sua trasmissione da pianta a pianta avviene tramite un insetto vettore, nella fattispecie la Mosca bianca degli orti (Bemisia tabaci). Logicamente, la difesa da questa pericolosa malattia parte dalla lotta all'insetto vettore, per prevenire le infezioni e, soprattutto, dal monitoraggio accurato e preciso, che identifichi in modo tempestivo i nuovi focolai, così da poterli eradicare prima che la malattia si diffonda in maniera endemica.

"Il Virus attualmente è diffuso in tutta la provincia di Trapani, e temo che non manchi molto alla sua comparsa nelle province di Ragusa ed Agrigento - spiega a Italiafruit News Salvatore Walter Davino, professore dell'Università di Palermo e tra i massimi esperti italiani sul tema -  La situazione è molto seria, in quanto l'anno scorso i campi infettati hanno subito danni ingenti, dal 70 al 100% del prodotto rovinato. Per di più, il New Delhi virus, sta attaccando anche altre specie orticole come, peperoni, pomodori, patate, melanzane, meloni gialletto e angurie. Fortunatamente, per queste colture il danno non è paragonabile alle zucchine, ma sono comunque fonti di inoculo importanti".

È evidente come il quadro non sia roseo, e così le prospettive future. "L'unica forma di difesa – conclude Davino – è la prevenzione, soprattutto nelle colture in serra. In pieno campo è praticamente impossibile limitare il vettore, e quindi la malattia. Servirebbero varietà resistenti, ma occorreranno diversi anni prima che il miglioramento genetico possa soddisfare questa esigenza".

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