Mazzini: «L'ortofrutta del futuro? Ha bisogno di spazio»

Per il manager di Coop Italia la qualità resta comunque un must

Mazzini: «L'ortofrutta del futuro? Ha bisogno di spazio»
“Gli spazi non sono adeguati alle esigenze attuali, perché retaggio di una visione anni Ottanta dell’ortofrutta, fatta da prima gamma, esposizioni massificate e altre logiche di consumo, e di consumismo, che non esistono più”. Così Claudio Mazzini, responsabile ortofrutta di Coop Italia, riprende il ragionamento sullo spazio nel reparto affrontato la settimana scorsa durante Think Fresh.

Un reparto che deve sapere accogliere le nuove tendenze, non più definibili di nicchia, che vanno verso la corretta alimentazione, cibi più salutari, prodotti ad alto livello di servizio che necessitano di gestione differente. “Oggi – continua Mazzini – sarebbe inimmaginabile, ad esempio, progettare il reparto ortofrutta senza banchi frigo, viste anche le nuove proposte, le nuove occasioni di consumo e le innovazioni borderline, dai burger vegetali in avanti”.

Cresce la frutta secca, cresce il biologico: c’è dunque bisogno di spazio. “E’ evidente – afferma il responsabile ortofrutta della prima catena distributiva nazionale – che vadano affrontati dei piani di categoria, non solo per una questione di ordine ma per meglio definire gli spazi necessari. Che poi, però, vanno gestiti e alimentati”.

Non solo. “Un altro aspetto legato allo spazio riguarda l’aiuto che può offrire nello story telling. Perché il Qr code al momento è scarsamente utilizzato, e di difficile gestione, mentre semplici ma anche efficaci messaggi in prossimità del prodotto potrebbero vivacizzare l’esperienza d’acquisto”.

Una riflessione anche sulla frutta in avancassa: “Tra i nuovi spazi da occupare – spiega Mazzini – ci sono sicuramente questi. Ma il solo argomento salute non è sufficiente per occupare il posto altrui. Bisogna sostenere l’investimento promozionale e con punti prezzo adeguati alla posizione. Anche perché esistono competitor dal nome, per così dire, altisonante”.

Un ultimo ragionamento riguarda la contaminazione, dato che il reparto ortofrutta è “un terminal potentissimo nel quale bisogna porre attenzione agli abbinamenti – dice Mazzini – Servono cross selling coerenti, senza svilire o banalizzare il prodotto”.

Insomma, margini su cui lavorare ce ne sono parecchi. Anche perché “alcuni cambiamenti sono stati più veloci di quanto potevamo immaginare. E, certamente, il reparto ortofrutta del prossimo futuro sarà molto diverso da quello attuale. Con il contributo del mondo della produzione perché, se facciamo insieme, spendiamo meno ed è più facile andare a punto”.

Tra le cinque parole chiave proposte a Firenze da Roberto Della Casa per ripensare il reparto ortofrutta, c’erano anche: benessere, prestazione, servizio e (in)formazione. E Mazzini torna sul concetto di prestazione, “un mio vecchio pallino, perché senza una prestazione adeguata i consumi non ripartono”.

Certo, se frutta e verdure sono cattive, non basta sapere che fanno bene. Così come una storia affascinante non serve a vendere un prodotto mediocre. “Parliamo di aspetti intangibili che non possono basarsi su una incostanza qualitativa ancora grave – osserva Mazzini – E, infatti, dove c’è valore, in termini di qualità e di garanzia, si vende e non si svende”.

“I produttori dovrebbero lavorare sul serio sul valore, poi la Gdo non lo deve distruggere. Quindi – conclude il manager - la sfida di vendere solo frutti buoni dovrebbe diventare la loro ossessione per puntare su una prestazione sensoriale appagante”.

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