Patata di Bologna Dop e Selenella, un esempio per tutti

Un convegno all’Università felsinea racconta le eccellenze del sistema emiliano

Patata di Bologna Dop e Selenella, un esempio per tutti
Venerdì 18 marzo all'aula magna della Facoltà di Agraria dell'Università di Bologna un incontro sulla Patata di Bologna Dop e Selenella ha permesso di ripercorrere i risultati ottenuti dal sistema pataticolo bolognese grazie all’elevato livello di aggregazione.

Promosso dal Dipartimento di Scienze agrarie (Disa) e dai Consorzi Patata Italiana di Qualità e Patata di Bologna Dop, il convegno ha analizzato i due prodotti di eccellenza, frutto della interazione tra areali vocati, sapienza produttiva e innovazione, fornendo uno spaccato della dimensione di mercato e degli scenari evolutivi del settore. Sotto la lente anche i nuovi trend, che fanno emergere modelli di consumo attenti a stili di vita più sostenibili, e - in generale - la cultura alimentare italiana.

L’importanza di esaltare la territorialità, la ricerca di notorietà e la necessità di differenziazione, per allontanarsi dal concetto di commodity, sono state alcune delle tematiche affrontate da Rino Guelfi e Alessandro Palmieri del Disa che hanno aggiornato i presenti su produzione, commercio, consumi e valori.

Nel mondo si producono 60 milioni di tonnellate di patate, in Italia ci fermiamo a 1,5 e ne importiamo 500-600.000 ton, perlopiù dalla Francia. Dai Paesi Bassi, invece, importiamo 80-100.000 ton di seme. I consumi sono in flessione, si sa, ma se in Italia ci fermiamo a 30 kg pro-capite annui, in Europa la media è di 80.

Ancora, i costi di produzione in Italia si aggirano sui 20 cent euro/kg; se aggiungiamo i costi per i servizi si arriva a 75-80 franco azienda di confezionamento. Il che significa 1,20-1,30 al consumatore.



Alta frammentazione della produzione, scarsa valorizzazione del prodotto, volatilità dei prezzi: Giuliano Mengoli (nella foto sopra insieme a Cesare Accinelli), direttore del Consorzio Patata italiana di Qualità, ha spiegato come il “sistema Bologna” ha saputo superare le criticità e proporre tuberi a “elevato grado di riconoscibilità”. In particolare, Mengoli ha parlato di “Qualità e tutela del valore”, un progetto avviato nel 2015 per garantire al consumatore - anche grazie a un nuovo disciplinare produttivo ancora più stringente - elevata qualità e, allo stesso tempo, la giusta redditività alla produzione agricola e all’intera filiera. Raggiungendo così anche la sostenibilità economica della coltura.

“Per le associazioni – ha detto Andrea Galli direttore di Assopa – il prezzo minimo garantito sulle patate è stato un grande traguardo, perseguito per oltre 20 anni”. Galli ha poi ricordato il percorso della patata Selenella, avviato nel 2000, e del riconoscimento Dop, instradato da Roberto Piazza nel 2002/03, per la varietà Primura (ancora oggi l’unica cultivar a Bologna legittimata a indossare il bollino Ue) introdotta nel territorio bolognese attorno al 1955.

Prossimo obiettivo, grazie alle risorse del nuovo Programma di sviluppo rurale, il perfezionamento del sistema di tracciabilità delle patate tramite gli isotopi, che possono garantire l’origine sicura dei tuberi con una efficacia del 90%.

Insomma, non è un caso se Patata di Bologna Dop e Selenella sono oggetto di tirocini e di tesi di laurea all’Ateneo felsineo: trattasi di “Tuber ad honorem”. Che era il titolo dell’incontro.

Raffaella Quadretti
Editorial manager - Agroter Group

Copyright 2016 Italiafruit News